È «la madre di tutte le riforme», la modifica costituzionale che vuole blindare la sovranità popolare, disinnescare la tentazione dell'inciucio post-elettorale e, magari, restituire un pizzico di fiducia in più nelle istituzioni. Un provvedimento chiave, su cui la Festa di Atreju chiama a confrontarsi alcuni protagonisti, sotto la regia di Bruno Vespa.
Il giornalista in apertura si concede una battuta sulle ragioni della sua presenza sul palco. «Ho accettato di moderare questo incontro dopo aver avuto la garanzia che la terza Camera non sarà abolita» dice, facendo riferimento al modo in cui da sempre viene identificata Porta a Porta. Ignazio La Russa coglie la palla al balzo. «Io ho già un candidato, tra 14 anni, per quando non ci sarà più questo presidente, che passa dalla terza camera...». Sul piano dei contenuti il presidente del Senato ammette che dal suo punto di vista il disegno di legge del Premierato è «stato peggiorato perché abbiamo voluto mettere d'accordo più forze politiche. C'è stato un tentativo di provare a misurare la buona fede degli avversari politici e vedere se con una riforma ragionata, che andasse incontro alle obiezioni che sono state fatte, si riuscisse a fare una riforma condivisa e che magari riuscisse ad avere i due terzi. Speranza vana, ragazzi, speranza vana. Io lo devo dire agli amici che sono al governo: neanche se avessimo riscritto la Costituzione tanto cara al Pcus sovietico, i sovietici ammesso che ce ne siano in Italia, ci avrebbero dato ragione. Non ci daranno ragione, nessuna riforma passerà con i voti di gran parte dell'opposizione. Tanto vale farla bene».
Maria Elisabetta Casellati, nella sua qualità di artefice della riforma, ci tiene a smentire alcune interpretazioni false o forzate che ne sono state date. «Il premier eletto non ha tutti i poteri, come quello di nomina e revoca dei ministri, abbiamo guardato più alla stabilità che ad attribuire poteri, proprio per questo abbiamo creato il secondo premier scelto all'interno della maggioranza». «Se ci sarà qualcosa che vogliamo modificare lo faremo» continua la ministra delle Riforme, «ma non bisogna dire sì a tutto quello che sarà proposto, altrimenti sarebbe una riforma a colpi di minoranza e non di maggioranza. Quando ho iniziato a sentire il dibattito - prosegue - mi è sembrato di trovarmi di fronte al gioco dell'oca, come se iniziassimo oggi a discutere di questo tema, non è così perché se avessimo voluto fare una riforma a colpi di maggioranza avremmo presentato l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, invece abbiamo abbassato la bandierina e ci siamo indirizzati verso il premierato».
Poi il passaggio centrale: «Il Presidente della Repubblica mantiene il suo ruolo di garante e i 9 articoli della Costituzione che ne
stabiliscono i poteri non vengono toccati dalla riforma, mentre il Parlamento conserva la sua centralità e continua ad avere il potere più importante: la sfiducia al Premier. L'unica condizione irrinunciabile è l'elezione diretta».
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