Maduro marchia con la X gli oppositori

Simboli sulle case di chi protesta. Oggi la sentenza della Corte Suprema sul voto

Maduro marchia con la X gli oppositori
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La repressione in Venezuela non cessa e il regime ha cominciato a contrassegnare con una X le case delle persone che protestano contro i risultati che hanno dato come vincitore il presidente de facto Nicolás Maduro. Ieri il Centro Carter ha confermato invece la vittoria del candidato dell'opposizione, Edmundo González Urrutia mentre hanno riconosciuto il «trionfo» di Maduro 50 «osservatori» spagnoli, tra cui deputati di Podemos, Sinistra Unita, dei gruppi Bildu, Sumar, Podemos, del partito comunista iberico e del Blocco nazionalista galiziano. Tra questi anche il fondatore di Podemos, Juan Carlos Monedero, unitosi così agli «osservatori» nordcoreani, cinesi, russi, iraniani, cubani, bielorussi e nicaraguensi, gli unici ad avere riconosciuto sinora la vittoria di Maduro.

A essere marchiate da enormi X in vernice nera sono state le case di chi protesta contro la frode chavista in uno dei quartieri più popolari di Caracas, il 23 de Enero. Il nome fu dato per celebrare il 23 di gennaio del 1958, data in cui fu rovesciato 66 anni fa il generale Marcos Pérez Jiménez perché proprio in questo quartiere combatterono centinaia di «guerriglieri urbani» contro la sua dittatura. Fino all'arrivo al potere di Maduro, nel 2013, il 23 de Enero era la «Stalingrado bolivariana», qui votava Chávez e c'è una piazza dedicata a Manuel Marulanda, il fondatore delle Farc, da cui si vede il palazzo di Miraflores. «In questa zona stavano battendo sulle pentole per protestare contro il furto delle elezioni da parte di Maduro e i collettivi si sono scagliati contro di loro, segnando le loro case come facevano i nazisti con gli ebrei», ha denunciato con tanto di video sul social network X il coraggioso giornalista Boris Sancho.

Dalla notte dopo le presidenziali, il regime ha lanciato l'operazione Tun Tun (Toc Toc in italiano), che non è altro che sequestrare tutte le persone sospettate di «terrorismo» (ovvero di non essere filo-regime) dalle loro case per portale in luoghi sconosciuti. È quanto sta accadendo anche a molti italo-venezuelani, negli ultimi giorni. Tra questi un 46enne di origini siracusane già incarcerato passato dal regime, Antonio Calvino, come denunciato ieri da Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d'Italia eletto nella circoscrizione estera. O al deputato Williams Dávila, ex governatore dello stato di Merida, mentre rimane recluso nella sede dei servizi segreti di Maduro, il SEBIN, il famigerato carcere delle torture El Helicoide, l'ex deputato italo-venezuelano Americo De Grazia. La messinese Rita Capriti, esponente del partito Primero Justicia, sequestrata nella notte tra l'1 e il 2 agosto e invece detenuta nel carcere di Caña de Azucar, a Maracay, in isolamento con le solite accuse usate anche da Cuba e Nicaragua contro gli oppositori, ovvero «incitamento all'odio» e «terrorismo».

Oggi potrebbe arrivare la sentenza della presidente della Corte Suprema, Caryslia Rodriguez. Oltre ad essere una militante sfegatata del partito di Maduro, con cui ha un rapporto molto stretto, da tempo immemore è una pupilla di Diosdado Cabello, soprannominato il «randello» della rivoluzione chavista, che non a caso gli ha fatto da «chioccia» per portarla ai vertici della giustizia venezuelana, pur non avendo Caryslia nessuna nozione di leggi né alcuna pubblicazione giuridica nel suo CV.

Non a caso, ieri la leader dell'opposizione María Corina Machado, intervistata da El País, ha rifiutato qualsiasi ipotesi di nuove presidenziali. Perché, il piano B del regime se messo alle strette dalla pressione internazionale, potrebbe anche essere quello di ripetere il voto. A dicembre.

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