Il tempo, talvolta, lenisce i dolori. Le conseguenze, però, restano. E le conseguenze dell'occupazione giallorossa delle istituzioni sono ancora sotto gli occhi di tutti. Impossibile per gli italiani dimenticare certi volti, quelli dei ministri che negli ultimi cinque anni hanno segnato profondamente la vita politica e sociale del nostro Paese. Ministri come Roberto Speranza o Danilo Toninelli, Luciana Lamorgese o Fabiana Dadone, Alfonso Bonafede o Andrea Orlando. Alcuni hanno lasciato la poltrona nelle due rivoluzioni parlamentari a cui abbiamo assistito durante quest'ultima, caotica legislatura. Altri si apprestano a farlo dopo il 25 settembre. In ogni caso, visti i danni arrecati all'Italia, la speranza è di non vederli più seduti sullo scranno di un ministero.
Difficile fare un podio con i più odiati dagli italiani. Ognuno ha i suoi. Sicuramente Roberto Speranza è tra i più gettonati. Ed è anche tra i più temibili. Ha sette vite come i gatti. Quando l'asse giallorossa è implosa, è riuscito a rimanere a galla e a passar oltre senza scossoni. Lì era e lì è rimasto. Con una continuità che ha destato stupore nei più, visto l'immane caos prodotto durante la prima fase della pandemia. Era stato il suo dicastero a produrre quintali di circolari e contro-circolari che hanno incasinato la vita degli italiani. Alle politiche ce lo troveremo a correre sotto il vessillo del Partito democratico in Campania. Il posticino in Parlamento è assicurato. Come è assicurato quello per Andrea Orlando, uscente ministro del Lavoro. Che, più che di lavoro, si è occupato di cassa integrazione e che sulle partite Iva ha chiuso non uno ma entrambi gli occhi.
Tutt'altro discorso, invece, per l'altro ministro da podio. Luciana Lamorgese, titolare del ministero dell'Interno. Anche lei sopravvissuta al passaggio dal Conte bis a Draghi, nessun partito (almeno per il momento) le darà un paracadute. I suoi numeri (al pari di quelli di Speranza) sono disastrosi. Gli ultimi li ha dati ieri il Viminale stesso: oltre 65mila immigrati clandestini sbarcati nel primo semestre dell'anno, con un'incidenza del 40% in più rispetto al già drammatico risultato dell'anno prima. Con lei si è passati dagli sbarchi zero di Salvini ai porti spalancati alle navi delle Ong. Un vero disastro che nemmeno Letta sembra disposto ad accollarsi.
Probabilmente non da pole position, gli italiani ricordano comunque molto bene le gesta di altri ministri che, come meteore, sono stati terremotati al governo negli ultimi cinque anni. Tra questi c'è sicuramente Danilo Toninelli che quotidianamente infesta il web con le sue pillole di "saggezza". E pure Alfonso Bonafede la cui riforma della giustizia i garantisti ricordano ancora con un brivido lungo la schiena. E ancora: Fabiana Dadone, quella della maglietta dei Nirvana e del tacco 12 sulla scrivania del ministero per rivendicare il ruolo delle donne nella società, salta il giro. Ha già fatto due mandati e pertanto il M5s non la ricandiderà (compensando, però, con un posticino in lista al marito). Fuoriuscita dal movimento, Lucia Azzolina sta invece vivendo una seconda vita nel partitino di Luigi Di Maio. Una piroetta degna di suoi banchi a rotelle.
Ad oggi i sondaggi danno il centrodestra a un passo da una vittoria netta. La certezza, però, non possiamo averla finché non la toccheremo con mano. Nelle scorse ore Silvio Berlusconi ha sottolineato come gli ultimi anni, profondamente segnati dalle legislature rosse, "hanno portato a una profonda anomalia del sistema democratico. Il nostro - ha rimarcato - è stato l'ultimo governo scaturito da una scelta degli elettori". Dal 2011 in poi i giochi di Palazzo hanno di fatto precluso agli italiani la scelta di un esecutivo. A distanza di dieci anni, dunque, il timore che il sogno possa infrangersi non è così peregrino. Il pensiero va quindi ai tre che, più di tutti, minacciano la ripresa dell'Italia: Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Enrico Letta. I primi due sono le menti del disastroso reddito di cittadinanza, degli scellerati patti con Pechino e Mosca e delle dannose scelte prese a inizio pandemia. Con il segretario piddì concordano su misure quali ius scholae (che è uno ius soli col trucco), eutanasia e droga libera, mentre dissentono in modo categorico sulla flat tax. A proposito di tasse... è Letta a intestarsi la battaglia per alzarle.
Ormai da anni va in giro a proporre patrimoniale e tassa di successione, un'accoppiata devastante per la nostra economia. Insomma, tra disastri passati e disastri annunciati, sarebbe meglio per tutti noi non vedere più certi volti al governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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