Di Maio blinda la sua scelta. Ma il M5s è già in subbuglio

Il leader del movimento: «Sarà un governo politico» Mugugno dei deputati: «Esecutivo del conte Dracula...»

Di Maio blinda la sua scelta. Ma il M5s è già in subbuglio

Per Luigi Di Maio, dopo due mesi e mezzo di trattative, quello di ieri è «un momento storico». Perché «abbiamo indicato al presidente della Repubblica - ha detto all'uscita dallo studio di Mattarella - il nome che secondo noi può portare avanti il contratto di governo». E ha concluso: «All'estero dico: prima fateci partire poi criticateci». Poi, con un post sul Blog delle Stelle, è arrivata la conferma del nome di Conte: «Sono molto orgoglioso di questo nome perché è la sintesi del Movimento Cinque Stelle: non vesserà il popolo italiano. A chi dice che non è stato eletto, rispondo che Giuseppe Conte era nella mia squadra, lo hanno votato 11 milioni di italiani». E giù elogi a raffica: «È onesto, competente, sensibile; incarna i nostri valori; è un angelo custode; è uno tosto che ha fatto danni all'establishment».

Dai toni diversi la giornata dell'ortodosso Roberto Fico. «Oggi non parlo, parleranno solo il Movimento Cinque Stelle e la Lega», ha detto il presidente della Camera, sfuggendo ai cronisti che gli domandavano del «contratto» di governo giallo verde. Nel lapsus, intercettato ieri mattina nei pressi di Montecitorio, c'è tutto l'imbarazzo della terza carica dello Stato, che, schermato dal ruolo istituzionale, quasi dimentica di essere un importante dirigente dei Cinque Stelle. E Beppe Grillo, agitato per il «matrimonio», posta in apertura sul Blog una sua foto, in maglietta e camicia di jeans sbottonata, sullo sfondo i palazzi di New York. «Il futuro siamo noi» , scrive il garante e mette in fila una serie di storie simbolo del «sogno americano».

Come ormai da consuetudine pentastellata, la fronda corre sotto traccia. Arginata dai divieti muscolari dello Staff comunicazione, con la paura costante che possa sfuggire il virgolettato sbagliato. La critica di troppo alla linea «governista». Comunque votata dal 94% degli iscritti sulla piattaforma Rousseau. Mentre tra i parlamentari, controllati passo dopo passo dai vertici, la «ribellione» aveva raggiunto il picco massimo qualche giorno fa, quando i rumors per la carica di premier suggerivano il nome di Vincenzo Spadafora, fedelissimo di Di Maio, passato prima dall'Udeur di Mastella e poi dalla Margherita di Rutelli. Ci mette la faccia la senatrice napoletana Paola Nugnes, considerata vicina a Fico. In un'intervista al sito Fanpage l'ortodossa ha spiegato: «Voterò la fiducia, ma non voterò una legge sull'immigrazione, né la flat tax, una tassa iniqua e liberista». Poi la tentazione: «Se il mio contributo non serve, pronta ad andare via».

Ed è proprio al Senato che il governo Lega-M5s giocherà le partite più difficili. A Palazzo Madama il nuovo esecutivo potrà contare su una maggioranza di soli sei senatori. E se la truppa leghista vanta una compattezza quasi militare, lo stesso discorso potrebbe non valere per i grillini. Gli «ortodossi», per il momento, voteranno la fiducia. Ma qualcuno «non esclude» un no ai provvedimenti cari al Carroccio. Al centro delle preoccupazioni dello stato maggiore M5s ci sono almeno cinque «portavoce» a Palazzo Madama. Sicuramente Di Maio non si fida della Nugnes. Ma l'ex Idv Elio Lannutti ha detto la sua a chiare lettere: «Cambiamento o restaurazione? Leggo nomi estranei a principi e valori, cariatidi, lestofanti del potere marcio e corrotti, legati a cricche, combriccole e faccendieri, logge coperte, grembiulini, pseudo Autorità e manutengoli del potere». Il senatore amico di Grillo critica Giuseppe Conte e Giampiero Massolo, chiosando: «Se così fosse sarebbe una tragedia e il tradimento di un sogno». Un altro: «Un governo guidato dal Conte Dracula...».

Tra i «critici» c'è il senatore di Savona Matteo Mantero, Nicola Morra è ondivago e il neo eletto Vincenzo Presutto è uno degli uomini più legati a Fico. Nel frattempo nel M5s durante l'assemblea dei parlamentari di ieri sera, c'è stato un «confronto interno» sulla squadra di governo. Punto sul quale ci sarebbero già le prime polemiche.

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