Poi dicono che non esiste la malattia mentale. Una donna che uccide i suoi cinque figli e poi si ammazza senza riuscirci è sana di mente? Si valuti con buon senso una tragedia così impressionante e poi si dia una risposta semplice. Non sarà che i sostenitori della psichiatria democratica, quella che ha preteso di chiudere i manicomi, hanno sovrapposto la loro ideologia alla realtà? Ancora una domanda molto elementare: se quella povera donna fosse stata curata subito, ai primi sintomi di follia, non sarebbe stata un po' meglio, e i suoi poveri figli non sarebbero ancora al mondo? La malattia mentale, perché di questo si tratta, difficilmente è senza segnali premonitori: purtroppo questi segnali non vengono valutati come si dovrebbe perché non si vuole ammettere che la follia esiste e che essa ha dei sintomi che andrebbero esaminati e curati in centri specializzati: chiamate come volete questi centri, sono comunque i manicomi. Perché sono stati chiusi e vengono tenuti aperti inutili e inefficaci surrogati dei manicomi? Perché l'ideologia illuminista, trasferita nella nostra modernità laica e progressista, non ritiene giustificabile razionalmente la differenza, le differenze antropologiche tra esseri umani. Una prima drammatica differenza è proprio quella definita dalla malattia: ci sono persone sane e persone malate, ci sono persone sane di mente e persone malate di mente. Queste vanno curate, protette, difese, perché la comunità dei sani non può integrarle nel loro contesto sociale, che culturalmente e competitivo. E la semplice realtà della nostra cultura sottolinea quelle differenze che, proprio nel dolore della differenza, hanno generato una grande cultura, appunto la nostra.
Quella povera donna che ammazza i suoi cinque bambini è figlia della nostra cultura che, oggi come ieri, ha il dovere di curarla di proteggerla e difenderla da chi pensa che sia uguale agli altri, che non ci sia differenze tra persone sane e malate.
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