Non sono solo canzonette. Dalle polemiche alla violenza il passo può essere molto breve. Soprattutto se si accusa uno Stato di «genocidio» dal palco dell'evento mediatico più seguito dell'anno. Da Sanremo a Napoli. L'estrema sinistra non perde tempo. E organizza un sit-in nel capoluogo campano per protestare contro la Rai e contro il comunicato dell'Ad di Viale Mazzini Roberto Sergio, «colpevole» di avere espresso solidarietà a Israele dopo le accuse di «genocidio» da parte di Ghali.
Potere al Popolo, Rete per la Palestina libera e disoccupati con l'ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris si ritrovano davanti alla sede Rai partenopea. La Rai diventa «Rai televisione IsRAIeliana». E poi il solito slogan: «Stop al genocidio». I protagonisti del blitz inneggiano all'«Intifada». L'atmosfera non è proprio pacifica. Infatti le forze dell'Ordine piantonano la sede Rai di Napoli. La tensione sale quando un gruppetto di partecipanti al sit-in tenta di avvicinarsi ai cancelli degli uffici del servizio pubblico per esporre uno striscione. A quel punto gli agenti intervengono per allontanare gli estremisti. Il bilancio è di dodici feriti tra manifestanti e poliziotti. In serata tensione e scontri con le forze dell'Ordine anche a Torino, con lanci di uova e fumogeni all'indirizzo della sede Rai durante un presidio pro-Palestina, in cui un gruppo di antagonisti ha tentato di forzare il cordone di Polizia. L'ex sindaco di Napoli De Magistris rivendica la sua presenza al sit-in «per protestare contro l'uso politico della televisione pubblica da parte dell'amministratore delegato Roberto Sergio». «Per la Palestina libera fino alla vittoria», conclude De Magistris. Il vicepremier e Ministro Matteo Salvini esprime «solidarietà umana e culturale a Roberto Sergio, e totale condanna per chi insulta e minaccia professandosi pacifista». Perfino Giuseppe Conte stigmatizza «il clima di minacce» contro Sergio. Solo che il Pd attacca l'ex premier. «Difende l'indifendibile», dice l'ex ministro dem Andrea Orlando. Fonti M5s replicano: «Se per alcuni esponenti del Pd condannare attacchi personali e minacce è sconveniente e diventa l'ennesimo escamotage per attaccare Giuseppe Conte e fare polemica politica, beh questa inclinazione si commenta da sola».
E Ghali? Il cantante, idolatrato dalla sinistra dopo Sanremo, è protagonista dell'ennesimo cortocircuito. Sui social impazzano alcuni suoi tweet, scritti tra il 2012 e il 2015.
«Ok ci siamo, pieno di froci, era meglio se tornavamo a casa», è uno dei cinguettii imbarazzanti. Ghali parlava anche di «troie che si credono furbe» e «nuove troie» che «crescono velocemente». L'8 marzo celebrava così la Festa della Donna: «Tu gay non c'entri nulla ok? Auguri a tutte le donne!». E ancora: «Meglio a puttane che a trans».
E c'è Karem Rohana, influencer pro-Palestina che su Instagram ha affermato di avere regalato a Ghali la kefiah portata a
Sanremo dal rapper, postando una foto insieme al nuovo beniamino del Pd. Lo stesso Rohana che in un video del 3 febbraio ha definito il ministro degli Esteri Antonio Tajani «fascista assassino». A Ghali l'ardua sentenza.
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