La legge di Bilancio approda in Aula al Senato per l'ok definitivo previsto per oggi all'ora di pranzo. Il rush finale della Manovra è accompagnato da due sussulti finali. La richiesta del capogruppo di Fratelli d'Italia in Commissione Bilancio Guido Liris di ritornare alla doppia lettura e l'apertura sul tema del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. L'opposizione si infila nel botta e risposta. A innescare la miccia è l'esponente di Fdi, che si dimette da relatore di maggioranza: «In Commissione Bilancio si è preso atto dell'impossibilità tecnica di esaminare utilmente il provvedimento, di fronte agli oltre 800 emendamenti presentati dalle opposizioni, e pertanto, come accaduto negli scorsi anni, non si è potuto dare mandato ad alcun relatore: non era questione di dimissioni. Il Governo aveva trasmesso la Manovra in tempo utile per un esame approfondito, ma purtroppo dal 2018 ad oggi la legge di Bilancio viene esaminata senza la doppia lettura nelle due Camere. Mi auguro, quindi, che dalla prossima legge di Bilancio sia la Camera sia il Senato possano dare il loro contributo. Come peraltro da sempre Fratelli d'Italia ha auspicato» - dice Liris. Il ministro Giorgetti in Aula, per la discussione generale, apre all'ipotesi di un ritorno alla doppia lettura: «Non so da quanti anni purtroppo è così. Siccome la legge di contabilità bisogna riformarla comunque in base alle nuove regole europee, è già partito un lavoro preliminare. Però giustamente è materia parlamentare non di governo, l'iniziativa deve essere parlamentare su queste cose. La revisione un po' dei meccanismi e anche delle regole è necessaria. Noi siamo assolutamente disponibili e abbiamo dato disponibilità. Con il cambio delle regole Ue è subentrata anche la necessità di aggiornare una legge che oggi implica che le coperture non siano semplicemente quelle tradizionali ma che rispettino anche la traiettoria di spesa netta che fino a poco tempo fa non esistevano. Sarebbe benvenuta» - spiega il ministro. Lo stesso Giorgetti poi nelle controrepliche in Aula fa il punto sulla manovra: «L' atteggiamento di prudenza che il governo ha adottato io lo indico come un valore anche perché il contrario di prudenza è avventato, temerario, sconsiderato. Un atteggiamento che ha oggettivamente premiato» dice il titolare delle Finanze. Il ministro non nasconde la rabbia su un punto: «Se io devo dire un rammarico, probabilmente quello che avrei voluto fare di più è per la famiglia e per i figli. Il problema è che un paese dove non nascono più bambini e che invecchia è un paese che non ha futuro». Intanto però fissa due pilastri della manovra: «Abbiamo messo tutte le risorse disponibili a favore di quei lavoratori dipendenti con reddito medio-basso che la sinistra dovrebbe in qualche modo sostenere, che il sindacato dovrebbe in qualche modo sostenere e abbiamo premiato gli imprenditori che scommettono sul futuro». La discussione generale con 36 interventi dura circa 5 ore. Le opposizioni insistono e puntano ad aprire il caso Liris (che però non esiste). Dal fronte al M5s parte l'accusa: «Schiaffo alla democrazia parlamentare e che conferma come quello che avrebbe dovuto essere un governo politico si configuri, invece, come un governo che opera esclusivamente per decreti e fiducie». Dimenticando però che lo stesso Conte approvò nel 2019 la legge di bilancio con il voto di fiducia. Stesso copione con i governi Draghi, Renzi e Gentiloni.
Dopo il veloce passaggio in commissione. Oggi è fissato il voto per il disco verde finale alla manovra Le opposizioni chiedono alla Meloni di andare in Aula. Un testo da 30 miliardi di euro che rende strutturale il taglio del cuneo fiscale.
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