«Nella nostra idea il Superbonus deve tutelare chi i lavori non se li potrebbe permettere, non chi se li può permettere e magari così non li paga». Il sottosegretario all'Economia, Federico Freni, ieri ha ribadito l'intenzione di correggere la misura che sta drenando oltremodo le risorse disponibili per la prossima manovra. «Se oggi potessimo spendere 100 miliardi, quanto più o meno ci costerà alla fine il Superbonus, abbatteremmo enormemente il cuneo fiscale, rifinanzieremmo completamente Industria 4.0 e avremmo la sanità migliore d'Europa per i prossimi anni», ha aggiunto elencando così le priorità degli interventi della legge di Bilancio. La conferma della fiscalizzazione degli oneri previdenziali (9-10 miliardi), gli interventi sulla spesa sanitaria (4 miliardi richiesti dal ministro Schillaci, inclusi i fondi per contratti e assunzioni) e gli sgravi per le imprese sono spese che a oggi il governo non è in gradi di coprire interamente. Ecco perché Freni ha ripetuto che «se lo Stato dovesse portare a compimento tutto il Superbonus, così come risulta oggi dai cassetti dell'Agenzia delle Entrate, non so dove andremmo a finire».
Logico ipotizzare che oggi il vertice di maggioranza si orienti a correggere lo sgravio per le ristrutturazioni edilizie in funzione del reddito dichiarato anche se il pregresso continuerà a pesare come un macigno sia nella forma della detrazione decennale sia in quella dei crediti di imposta già scontati in fattura e rimasti incagliati. Tra gli altri temi posti dalle forze di maggioranza ci sono l'innalzamento delle pensioni minime chiesto da Forza Italia e la flessibilizzazione delle uscite con Quota 103, Ape social e Opzione Donna.
Ma come si possono recuperare oltre 25 miliardi a fronte di richieste che si avvicinano a quota 35 miliardi e disponibilità di cassa non superiori a 7-8 miliardi? E soprattutto che cosa si dovrebbe fare se i prezzi energetici dovesse restare su livelli elevati visti i recenti rincari delle bollette del gas e del prezzo del greggio? Non è un caso che l'istituzione di un bonus carburanti per i redditi più bassi, richiesta dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, resti un'opzione allo studio sul tavolo del governo.
Un primo indizio è stato fornito domenica scorsa dal ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, al Forum Ambrosetti di Cernobbio. «Stiamo osservando gonfiarsi i prezzi nei settori protetti rispetto a quelli più esposti alla concorrenza interna; perciò è doveroso parlare di rendite», ha dichiarato il titolare del Tesoro dinanzi a una platea di manager e imprenditori. Analogamente ha evidenziato come «in Italia nel 2022 ciascun occupato ha contribuito alla spesa pubblica per pensioni e sanità con circa 23.300 euro», un valore triplo rispetto a quelli di un omologo tedesco o spagnolo. Di qui la scelta di «premiare chi lavora e crea nuova ricchezza».
In quest'ottica interventi come la tassa sugli extraprofitti delle banche trovano giustificazione proprio nella natura riequilibratrice nei confronti di un settore che ha tratto vantaggio da una condizione transitoria (nel caso degli istituti di credito l'aumento dei tassi di interesse non controbilanciato da quello applicato ai conti correnti). L'esempio specifico di Giorgetti riguardava il settore alberghiero e quello della ristorazione nel quale i prezzi sono rimasti elevati anche quando le pressioni dei costi di produzione si erano sostanzialmente esaurite. Non è perciò irrealistico pensare che l'imposizione sui comparti a maggior redditività «indotta» possa aumentare come già si è scelto di fare per aziende dell'energia e banche proprio per finanziare misure a favore di lavoratori e produttori. Altre risorse (3-4 miliardi) proverranno da una revisione delle indicizzazioni all'inflazione delle pensioni.
Un problema non secondario è, tuttavia, il pressing di opposizioni e sindacati che chiedono più spesa pubblica «Non escludiamo nulla - ha
detto ieri il segretario Cgil Maurizio Landini - non dobbiamo fare uno sciopero generale per dire che protestiamo, la mobilitazione deve provare a portare a casa dei risultati, non a caso andiamo in piazza il 7 ottobre».
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