«Prima di costituirmi volevo salutare i miei amici e far rassegnare i miei genitori che andavo (...) Non sono mai stato aggressivo con loro, avevamo un rapporto tranquillo, nemmeno loro mi hanno mai usato violenza, il clima era sereno in famiglia. (...) Mio padre non ci credeva che avessi ucciso una persona, non riusciva ad accettarlo. Io mi confidavo più con mio madre che con mio padre, però anche lui mi vuole bene. (...) Le cuffie il giorno dopo le avevo lasciate sul tavolo e ho chiesto a mio padre di buttarle appunto il giorno successivo all'omicidio, l'11 mattina. A mio padre, che mi ha accompagnato in stazione, ho detto che me ne volevo andare, ma abbiamo parlato poco».
Diventa purtroppo sempre più difficile, e non solo per l'odio espresso sui social, la posizione di Maurizio, il padre di Daniele Rezza (nella foto) il 19enne di Rozzano che nella notte tra giovedì e venerdì ha accoltellato e ucciso Manuel Mastrapasqua, 31 anni. Maurizio Rezza - 50enne originario di Taranto ma residente con la moglie, una donna di origine cubana e il figlio appunto nel comune a sud dell'hinterland milanese - ha tentato di disfarsi delle cuffie della vittima buttandole a ben due chilometri di distanza (da via Trento, dove risiede, in viale Lombardia), quindi avrebbe anche fatto finta di nulla nel momento in cui il figlio gli ha detto chiaramente che era proprio lui l'assassino di Manuel. Infine l'uomo ha pure infilato in lavatrice i pantaloni sporchi di sangue del figlio senza fargli particolari domande.
Ieri pomeriggio i genitori di Daniele Rezza sono scomparsi per alcune ore dai radar degli inquirenti e non hanno risposto al telefono, risultando irrintracciabili. Alcuni vicini di casa sono pronti a giurare che la coppia, per cui è stata disposta la tutela, stia cercando un'altra abitazione, lontano da Rozzano. «Il dolore li ha annientati, vogliono lasciare Rozzano» ci ha detto ieri una vicina di casa. Anche nel supermercato della catena «Conad», non lontano dalla stazione Centrale, dove lavora il padre di Daniele (sì, l'uomo fa lo stesso lavoro di Mastrapasqua, ndr) i colleghi spendono solo parole di commiserazione. «Sono a pezzi: hanno un solo figlio e ha ucciso un ragazzo innocente. Vogliono lasciare la loro casa, hanno anche paura».
La Procura, nella persona della pm Letizia Mocciaro, non sembra intenzionata però a prendere provvedimenti nei confronti di Maurizio Rezza. E non tanto perché non ci sia nessuna responsabilità oggettiva (se escludiamo il favoreggiamento che non si configura in un rapporto parentale tanto stretto come quello tra genitori e figli, si potrebbe insistere però sul concorso in omicidio, ndr) ma piuttosto per una questione di umana pietà nei confronti di due genitori che, come tali, faticano ancora a credere alla tragedia che sono costretti ad affrontare.
Una situazione paradossalmente analoga a quella dei Mastropasqua che, nelle stesse ore, si chiedono per quale ragione, quando Daniela Rezza ha raccontato di avere accoltellato il loro povero Manuel, seppur senza averlo visto «cadere, né aver visto il sangue», i genitori non gli abbiano creduto e non lo abbiano portato subito a costituirsi.
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