Venezia - «I veneziani sono in ginocchio solo quando pregano», così ieri il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro dopo che la marea in città è scesa. Si è arrestata a 150 centimetri e oggi scuole aperte. La vita riparte. Ci vorrà tempo. Ieri ancora completamente in ammollo. «Se il vento gira, se cambia il vento, allora forse ci salva», ma il vento, il vento non cambia e alle 13 la marea ha avuto il suo picco. Ancora una volta. Ancora un altro giorno. Venezia in ammollo. Una lunga giornata quella di ieri, in attesa che la marea passasse, bloccati su un ponte.
Arriviamo a Venezia che è mattina presto. I veneziani parlano per strada, è domenica, giorno di festa, ma le previsioni non sono le migliori. Sperano cambi il vento, che si porti via un po' di scirocco, ma il vento non cambia e all'una dopo mezzogiorno si alza. «Non riesco a raggiungere casa mia - ci dice una residente sopra il Ponte delle Guglie - è completamente circondata, devo circumnavigarla o aspettare che la marea passi». Già. Perché la sensazione è quella di una città che aspetta, che attende che Venezia si sfoghi, che rigetti l'acqua, che guarisca e poi riparta. I veneziani aspettano, i residenti aspettano, i turisti invece corrono, si fanno selfie, giocano a stare con i piedi in ammollo, si tolgono i pantaloni per strada, si fanno le foto, in qualunque modo, in groppa, in fila indiana, in segno di vittoria, con il brindisi in mano, tra i malumori veneziani. Anche al bar all'angolo in Rio Terà San Leonardo i veneziani, quelli meno provati, bevono prosecchi e mangiano cicchetti. In Piazza San Marco invece, chiusa dal sindaco, le sedie sono state accatastate sopra i tavolini, e anche i cuscini, uno sopra l'altro, più in alto possibile. All'una dopo mezzogiorno, raggiungere la stazione è pressoché impossibile, a meno che non si abbia un bel paio di stivaloni fino alle anche. L'acqua è troppo alta, le passerelle che dovrebbero servire per spostarsi da una parte all'altra cominciano a galleggiare. Tanto vale aspettare. I negozi sollevano le paratie, i negozianti ricominciano a lanciare fuori l'acqua, prima un secchio, poi un altro, poi un altro ancora, poi si alza il vento e si ricomincia da capo. In Strada Nova la gente procede a rilento. I bar chiudono, i pos non funzionano, gli unici che fanno affari sono i bengalesi che vendono finti gioielli e sacchetti di nylon a quindici euro. Alle 13.37 il tweet di Brugnaro, che poi ringrazia tutti gli italiani per l'affetto, è chiaro: «L'acqua ha finito di crescere. Picco a 150cm a Punta della Salute. I veneti e i veneziani sono in ginocchio solo quando pregano. Venezia si sta dando da fare per ripartire». E poi ancora: «Ripartiamo da Venezia per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici in tutto il mondo». Già. Ma come. Dall'inizio dell'emergenza, che va avanti quasi da una settimana, si sono visti vigili del fuoco in azione, polizia locale, militari, carabinieri, volontari della protezione civile, personale del Suem. Tutti in prima linea per curare una ferita che rimarrà tra le pagine di storia. I vigili del fuoco hanno eseguito oltre 700 interventi. Impressionante il numero di forze della protezione civile, da tutto il Veneto: 280 persone dei gruppi comunali e centinaia di volontari, soprattutto studenti.
Volontari ovunque. Ad Alleghe, a Sospirolo per le frane, sul Piave. Anche a Jesolo dove nella Pineta Est i danni alle spiagge e alle strutture, come fa sapere Zaia, sono immensi. Il Veneto ancora, come l'anno scorso, colpito nel cuore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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