«Io e Arcuri cominciamo a parlare delle mascherine l'11 marzo. Parliamo per telefono e mi dice che c'è una necessità di questo genere», rivela a Quarta Repubblica Mario Benotti - indagato per traffico di influenze dalla Procura di Roma nell'inchiesta sulla maxi commessa di mascherine acquistare dalla struttura di Arcuri da tre aziende cinesi. L'ex giornalista mostra in diretta una serie di messaggi che proverebbero come i contatti con il commissario fossero antecedenti alla sua nomina ufficiale. «Se hai bisogno sono a casa», scrive Benotti alle 21.26. E ancora un altro messaggio alle 22.53: «Contatto definito». Risposta: «Molto bene». Il 19 marzo alle 16.28 Benotti scrive ad Arcuri: «Mascherine». Riposta: «Ti chiama Silvia Fabrizi (parte della struttura di Invitalia a supporto del commissario, ndr)».
E ancora il 21 marzo alle 19.33: Benotti gli comunica che «il meccanismo mascherine per parte mia è avviato. Vuoi che proviamo a vedere se troviamo respiratori? Dimmi anche di cosa ancora si può avere bisogno e ci mettiamo in cerca». Risposta: «Respiratori ok». Benotti chiede: «Ok nel senso che devo cercarli?». «Sì. Per terapia intensiva». Ricerca che poi non andrà in porto. Di certo sia i contatti sia due delle tre lettere di incarico mandate dai cinesi a uno degli intermediari sono antecedenti alla nomina del commissario del 18 marzo, a conferma di «un'azione di mediazione iniziata prima del 10 marzo», scrivono i pm nel decreto di sequestro urgente delle somme.
Con l'ultimo contratto siglato con la Cina per la fornitura delle mascherine, il 7 maggio le conversazioni si interrompono. Il prolungato silenzio di Arcuri - dopo gli oltre 1200 contatti - turba l'ex giornalista. Alle 8.15 del 21 ottobre, un mese e mezzo prima delle perquisizioni della Finanza e della notizia dell'indagine, ascoltato dagli investigatori, Benotti confida la sua «frustrazione» alla moglie Daniela Guarnieri, anche lei indagata. Il timore - annotano i magistrati - è che «questo possa ritenersi sintomatico di una notizia riservata su qualcosa che ci sta per arrivare addosso». Benotti anche a distanza di mesi sembra sospettare che quel silenzio sia dovuto all'esistenza di un'indagine. Lo stesso giorno Benotti chiama Mauro Bonaretti - non indagato - componente della stessa struttura commissariale. I due si conoscono bene, entrambi erano al ministero delle Infrastrutture ai tempi di Graziano Delrio. Benotti confida il suo rammarico gli chiede spiegazioni. Bonaretti - annotano gli inquirenti - «lo tranquillizza, spiegando che l'atteggiamento sfuggente di Arcuri è a tutela dello stesso Benotti».
«Mi ha detto - riferisce a Benotti - no guarda perché ci tengo, voglio evitare che Mario si sporca lo voglio avvisare di questa situazione sapevo solo di questa preoccupazione mi ha detto di non farti vivo in questa fase, di lasciarlo un attimo per evitare casini». I due si vedono giorno seguente. L'incontro è registrato dagli investigatori. Benotti, preoccupato, chiede a Bonaretti di verificare «se i servizi sanno qualcosa».
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