La Giornata Mondiale dell'Ambiente ricorre quest'anno in un momento particolarmente delicato non solo sul piano militare, economico e geopolitico ma anche ambientale a causa della crisi energetica che colpisce l'Europa ma che ha conseguenze globali. Sono note le ricadute della guerra in Ucraina sul settore energetico ma non si pone la necessaria attenzione alle conseguenze della transizione ecologica che ci ha portato - per seguire una visione ideologica basata sul tutto e subito - a dismettere le fonti energetiche tradizionali senza avere il tempo di sostituirle con un numero sufficiente di rinnovabili.
Si è così diffusa una vulgata secondo cui, se avessimo già eliminato le fonti fossili a partire dal gas, la Russia non avrebbe avuto lo strumento energetico come arma di ricatto nei confronti dell'Occidente. È una lettura tanto parziale quanto errata, il nostro problema non è la dipendenza dalle fonti fossili quanto la percentuale troppo alta di gas importato dalla Russia. La strada da seguire è senza dubbio quella delle rinnovabili ma affiancate da altre fonti di energia garantendo così un imprescindibile mix energetico. Occorre inoltre sottolineare che i pannelli solari e l'eolico non generano solo vantaggi ma anche alcune criticità connesse al reperimento delle materie prime necessarie per realizzare gli impianti. Come nel settore automobilistico il litio è imprescindibile per le batterie delle auto elettriche, allo stesso modo le terre rare risultano fondamentali nella componentistica delle rinnovabili. Chi detiene la proprietà delle miniere e dei siti estrattivi, ha il controllo della transizione ecologica e si dà il caso che in questo settore la Cina faccia da padrone. Dopo esserci resi conto del pericolo di dipendere eccessivamente da un unico fornitore nel caso della Russia, stiamo compiendo lo stesso errore con la Cina.
In una ricerca pubblicata sulla rivista «Persuasion» intitolata La transizione energetica non fermerà le guerre, i ricercatori Alex Trembath e Seaver Wang spiegano: «Anche in un futuro profondamente decarbonizzato è improbabile che la dipendenza dalle importazioni di energia, la disparità delle risorse e i capricci di leader autoritari svaniscano con i combustibili fossili».
Trembath e Wang mettono in guardia dai rischi di «tensioni estrattive»: «dal polisilicio della Cina, al litio dell'Argentina, al nichel della Russia, al cobalto della Repubblica Democratica del Congo, il nostro futuro a energia pulita sarà caratterizzato da molto estrattivismo e dai rischi associati di tensione locale, regionale e internazionale».
L'Africa sarà sempre più centrale per le sue materie prime, Cina e Russia lo hanno capito e i loro interessi nel continente nero sono crescenti. Non a caso i due principali esponenti della politica africana, il presidente del Senegal e dell'Unione Africana Macky Sall e il presidente della Commissione dell'Unione Africana Moussa Faki Mahamat, hanno incontrato in Russia il presidente Vladimir Putin che ha affermato «il ruolo dell'Africa sta crescendo».
Onde evitare che nei prossimi anni si verifichino nuovi conflitti o tensioni connesse al reperimento delle materie prime, è necessario che l'Europa crei catene di approvvigionamento più distribuite a livello globale per i metalli, minerali e combustibili.
La scelta di costruire un sistema energetico utilizzando solo fonti rinnovabili aumenta la vulnerabilità europea e diminuisce la nostra sicurezza energetica, per questo la diversificazione diventa una priorità anche per evitare che un singolo attore, oggi la Russia, domani la Cina, abbia un peso tale da poter fare il buono e il cattivo tempo a seconda dei propri tornaconti.
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