La solitudine del numero uno, come quell'1 stampato sulle magliette che Gigi Buffon e Leo Bonucci gli hanno portato in regalo, si interrompe a metà mattina, quando dallo stato maggiore leghista arrivano timidi segnali di speranza. «Stiamo trattando - dicono Giorgetti e Centinaio - e un'intesa con M5s è ancora possibile». Sul Colle le dichiarazione dei due capogruppo del Carroccio vengono lette con «molta attenzione» e altrettanto disincanto. Chissà, magari il negoziato si sblocca proprio grazie alla spinta del «governo neutrale» congegnato dal presidente. Sergio Mattarella non ci crede, pensa che sia troppo tardi e non ritiene probabile che il Cav faccia un passo indietro: l'incarico è previsto per oggi. Elisabetta Belloni? Lucrezia Reichlin? Il nome, segretissimo, è già pronto, intanto però la procedura per varare l'esecutivo-traghetto si allunga un po'. Non tanto, solo 24 ore, quanto basta per dare spazio a un eventuale, sorprendente, patto last minute. Hai visto mai.
«So che c'è qualche problemino politico - gli dice Buffon -. Noi le chiediamo di renderci orgogliosi del nostro Paese che non può essere mediocre». Ma al Quirinale non sono attrezzati per i miracoli e Mattarella ritiene di aver fatto tutto il possibile. «Quando l'arbitro non si nota - spiega - vuol dire che i calciatori sono corretti, che i protagonisti stanno svolgendo alla perfezione il loro compito. E l'arbitro, un buon arbitro, spera di non essere mai notato».
Sul campo della crisi, sostiene in sostanza il capo dello Stato, i partiti non hanno giocato pulito. «I vostri discorsi - dice ai capitani di Milan e Juventus che stasera si disputeranno la Coppa Italia - mi hanno fatto pensare alle squadre che concorrono e si rispettano, avendo a cuore la correttezza. Nel mio discorso di insediamento mi sono paragonato agli arbitri assicurando la mia imparzialità, guadagnandomi un applauso, poi ho detto che i giocatori lo devono aiutare con la loro correttezza e anche qui è scattato un applauso con qualche segno di sorpresa. L'arbitro può condurre bene un incontro se ha un buon aiuto, correttezza e impegno leale». Cose che a suo avviso stavolta sono mancate.
È il secondo schiaffo ravvicinato ai partiti, dopo quello di lunedì sera. Il presidente è amareggiato non tanto per il no alla sua proposta di un governo di garanzia, che era messo in conto, quanto per la velocità della risposta di Lega e Cinque stelle, un fuoco incrociato che non ha rispettato nemmeno il consueto garbo istituzionale della canonica notte di riflessione.
Ma tant'è. La procedura per il gabinetto «non di parte» è partita, la squadra quasi pronta, la macchina per il giuramento nel Salone delle Feste è già in moto. Stamattina Mattarella andrà in via Caetani per deporre una corona sotto la lapide di Aldo Moro, a quarant'anni dall'uccisione, poi ospiterà al Quirinale la giornata delle memoria, dedicata alle vittime del terrorismo. Forse già nel pomeriggio convocherà il prescelto, o la prescelta, e gli darà il mandato di formare il governo. L'incaricato, così vuole la prassi repubblicana, accetterà con riserva, che verrà sciolta tra giovedì e venerdì quando tornerà con la lista. A stretto giro, il giuramento: a quel punto Gentiloni salirà per rassegnare le dimissioni. Il voto di fiducia è previsto la prossima settimana.
L'esito sembra scontato. Si tratterà di capire quando il presidente scioglierà le Camere. Se il traghetto di Mattarella affonda, due sono le date per le elezioni, 24 luglio e inizio ottobre.
Ma davvero, continuano a chiedersi sul Colle, vogliono mettere a rischio i conti pubblici? E davvero pensano di votare d'estate, quando dieci milioni di italiani saranno al mare e l'astensionismo, soprattutto al Nord, batterà ogni record e condizionerà il risultato? Hanno fatto bene i loro conti?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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