Matteo giura fedeltà al centrodestra: "Non si cambia squadra"

Salvini porta il Carroccio al 17% e stoppa l'asse col M5s: «Idee diverse, governo con gli alleati»

Matteo giura fedeltà al centrodestra: "Non si cambia squadra"

La «Lega a cinque stelle», il fantagoverno frutto dell'inedita alleanza M5s-Lega autosufficiente in Parlamento, sembra già un'ipotesi destinata a tramontare. Nella confusione post-voto nulla può essere escluso con certezza ma Matteo Salvini sceglie parole chiare per sgombrare il campo da «analisi bizzarre su coalizioni strane». «Sono uso mantenere la parola data e l'impegno preso con gli italiani, non cambio idea ogni quarto d'ora come qualcun altro. Questo impegno preso riguarda una coalizione di centrodestra con cui abbiamo dritto e dovere di governare nei prossimi cinque anni» spiega nella conferenza in via Bellerio il leader leghista e premier incaricato in pectore, raggiante per lo storico 18% conquistato dalla Lega. «Ho letto ipotesi bizzarre. La squadra è quella del centrodestra. Escludo governi di scopo, governi tecnici, a tempo, istituzionali, governi minestrone, ma ho il dovere di parlare con tutti. La squadra però è quella con cui abbiamo giocato la partita». Berlusconi, incontrato ad Arcore prima di volare a Roma? «Gli accordi tra amici sono chiari e si mantengo e quindi è quello che faremo». Ancora più netto a domanda diretta. Un governo con il M5s? «Proprio non lo vedo, rispetto il voto dei cittadini ma con il M5s c'è un'idea di futuro diversa, cambiano idea troppo spesso e su troppi temi, dall'immigrazione all'Europa, alle tasse, alla sicurezza».

Gli accordi con la coalizione erano che la leadership spettasse a chi prendeva un voto in più, quindi «la Lega sarà alla guida del centrodestra». Sommato al fatto che è il centrodestra ad avere i numeri meno lontani da una possibile maggioranza parlamentare, Salvini confida di essere il più papabile per un incarico dal capo dello Stato («Sarà lui a scegliere, non dò suggerimenti e non mando liste di ministri»). Sul nuovo centrodestra a guida leghista arriva il placet degli alleati, dalla Meloni («Diremo a Mattarella che l'incarico spetta a Salvini») ai centristi (Lupi: «Salvini ha ottenuto più voti, ed è quindi legittimato a guidare la coalizione») e in modo meno esplicito da Forza Italia (Brunetta: «Alla Lega spetterà l'indicazione del premier, Mattarella permettendo»). Per i voti che mancano in Parlamento, il segretario della Lega sembra fiducioso: «A seggi chiusi lavoreremo perché la squadra arrivi ad essere maggioranza con chi ne condividerà il nostro programma». In realtà, dietro le quinte col pallottoliere dei seggi alla mano, la convinzione del quartier generale leghista è che lo scenario più probabile sia un governo M5s-Pd, e che quindi per Salvini si apra il ruolo di capo dell'opposizione.

Un'operazione già riuscita per la Lega, che è cresciuta più di tutti gli altri partiti: dal 4% al 18%, oltre 4 milioni di voti in più rispetto al 2013. E sopravanza abbondantemente gli alleati. Un balzo che diventa cappotto in aree specifiche, come la Lombardia dove il Carroccio doppia Forza Italia (28 a 14), la triplica in Veneto (30 a 10), ed è sempre primo partito del centrodestra a doppia cifra in Piemonte, Liguria, e nelle regioni rosse dove sfonda: Emilia Romagna (19%), Toscana (17,6%), Umbria (20%), Marche (17%). Qui la Lega è aumentata in modo esponenziale. Basti pensare che nel 2013 in Umbria era allo 0,6%, ora al 20%.

Ma la novità più significativa è lo sfondamento al sud, impresa finora tentata senza un vero successo. Stavolta invece la Lega ottiene percentuali di tutto rispetto in Lazio (14%) e anche a Roma (circa il 10% nei collegi periferici della capitale). In Sicilia supera il 5,2%, più di Fdi che aveva espresso il candidato governatore, e a Taormina tocca il picco del 23%. Anche in Puglia la Lega tocca il 6,2%, pari a 130mila voti, mentre nel 2013 quando ancora era «Lega Nord» raccolse un misero 0,1%. Stesso trend in Campania (solo a Napoli, sempre diffidente verso Salvini, resta bassa), in Calabria diventa il quarto partito. In Sardegna è al 10,8%.

Da dove arrivano i 5,6 milioni di nuove persone «che ci hanno detto vai e fai», come riassume il leader della Lega? Secondo l'analisi dei flussi di Swg il 29%

arrivano dal non voto, mentre più della metà (il 51%) sono migrati da elettori che nel 2013 avevano scelto Pdl (il 25%), M5s (8%), Scelta Civica (4%) e anche Pd (4,6%). La Lega partito nazionale è realtà anche nei numeri.

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