«Desidero quello che ogni genitore desidera: vivere per vedere i figli dei miei figli». Queste le accorate parole di Shirley Sotloff, la madre del giornalista americano Steven, sgozzato e decapitato dagli uomini dello Stato islamico. Nella speranza di salvare il figlio, rapito un anno fa in Siria, la signora Sotloff si è rivolta direttamente ad Abu Bakr al-Baghdadi, riconoscendogli il titolo (autoassegnato) di Califfo. In video la donna aveva ricordato che Steven non era un emissario del governo Usa, «ma un reporter partito per il Medio Oriente per raccontare le sofferenze dei musulmani provocate dalla tirannide. Io so -proseguiva- che il Califfo può seguire l'esempio del Profeta Maometto e proteggere il popolo del libro (gli ebrei, ndr). Io vi imploro». Mercoledì invece la Casa Bianca ha confermato l'autenticità del video apparso in rete in cui un uomo taglia la testa al giornalista ebreo americano Sotloff. «Giustizia sarà fatta», ha promesso il presidente Usa Barack Obama, chiamato direttamente in causa dallo sgozzatore dall'accento londinese «Jihadi John», riconosciuto anche dal Foreign Office a Londra quale assassino, pochi giorni fa, del giornalista inglese James Foley. La conta delle vittime potrebbe crescere visto che nelle mani dell'Isis c'è anche David Cawthorne Haines, cittadino britannico con un passato di peacekeeper in Sud Sudan per «Nonviolent Peaceforce» e già capo missione in Libia per «Handicap International, organizzazione per il sostegno ai rifugiati.
Anche nel passato di Sotloff c'era la simpatia verso il mondo e la cultura araba e islamica che il reporter aveva imparato a conoscere fra Yemen, Siria, Egitto, Bahrein e Libia. La conoscenza dell'arabo non gli ha però salvato la vita. Questo va ricordato a Stefano Di Battista, il deputato grillino che lo scorso 16 agosto scriveva: «Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione». Come se per dialogare bastasse la buona volontà di una sola delle due parti. UsAid, l'agenzia americana per la cooperazione, informa che nel 2012 ci sono stati 167 attacchi violenti contro i cooperanti in 19 Paesi del mondo, risultati in 274 fra rapimenti e omicidi. I teatri più violento sono l'Afghanistan, il Sud Sudan, la Siria, la Somalia, il Pakistan. Lo scorso 19 agosto la Croce Rossa Internazionale e le Nazioni Unite hanno celebrato la Giornata mondiale umanitaria dedicata al ricordo degli operatori umanitari uccisi in servizio. Solo in Siria ne sono morti 45 negli ultimi tre anni. La simpatia, la dedizione, l'afflato umanitario non salvano più la pelle davanti all'esplosione dell'islam radicale seguita al crollo delle vecchie dittature mediorientali. Anche Vittorio Arrigoni, attivista italiano devoto alla causa palestinese e feroce castigatore degli israeliani, rimase ucciso nel 2011 a Gaza per mano «di un gruppo salafita fuori controllo», come resero noto gli investigatori di Hamas. In barba a ogni convenzione, i fondamentalisti armati non rispettano neppure il diritto internazionale umanitario: dopo i diplomatici, i loro nuovi obiettivi sono medici, ingegneri, cooperanti, preti. Il Califfato sgozza le proprie vittime come capretti, altri movimenti meno liquidi chiedono invece il riscatto. È la storia di Padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita e mediatore rapito da Al-Qaida nel luglio del 2013 e del quale si sono perse le tracce; è la storia del giornalista della Stampa Domenico Quirico, esperto di primavera araba, rimasto nelle mani dei sequestratori per cinque mesi. La liberazione di Giuliana Sgrena del Manifesto, rapita nel 2005 in Irak, costò la vita all'agente del Sismi Nicola Calipari. Un anno prima a Bagdad erano state rapite le cooperanti Simona Torretta e Simona Pari. A ottobre 2011 Rossella Urru veniva sequestrata in Mali dagli islamici di Ansar Al Din.
Oggi si attendono notizie del palermitano Giovanni Lo Porto rapito più di due anni fa in Pakistan, e di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, sparite in Siria lo scorso 31 luglio. La loro colpa? Lo Porto lavorava per una Ong tedesca attiva contro la povertà e la fame nel Punjab, le due ragazze si occupavano di assistenza sanitaria alle vittime della guerra civile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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