Meloni: "Basta allarmismi sul Pnrr". E smentisce la linea del Carroccio

"Le risorse vanno usate, non perse". Il Colle: l'incontro con Draghi non nei "giorni realmente precedenti" al pranzo con la premier

Meloni: "Basta allarmismi sul Pnrr". E smentisce la linea del Carroccio

Un lungo lunedì di fibrillazioni sul Pnrr. Che si apre di prima mattina con la precisazione del Quirinale, prosegue con lo scarto della Lega (che butta lì l'ipotesi di rinunciare a una parte dei fondi a debito) e si chiude con la netta presa di posizione di Giorgia Meloni (che esclude categoricamente «l'idea di perdere risorse»). In mezzo il lavorio della maggioranza al Senato, impegnata nella riformulazione di alcuni emendamenti al decreto Pnrr in vista delle votazioni in commissione Bilancio. Ma anche l'affondo della segretaria del Pd, Elly Schlein, che chiede al ministro Raffaele Fitto di «riferire in Parlamento» sull'utilizzo delle risorse del Recovery. E quello di Giuseppe Conte, che bolla come «ridicole» le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari («il Pnrr è stato fatto in modo troppo frettoloso dal Conte 2»).

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, insomma, diventa terreno di scontro aperto tra maggioranza e opposizione, ma anche il fronte dove si consumano più o meno sottotraccia le tensioni tra i partiti che sostengono il governo. Con sullo sfondo il Quirinale, preoccupato sì dalla tempistica di attuazione del Recovery, ma che considera prioritario che tutte le istituzioni facciano quanto più possibile gioco di squadra. Il Colle, dunque, smentisce che Sergio Mattarella «abbia parlato con Mario Draghi di Pnrr», né «che lo abbia incontrato ventiquattro ore prima della colazione con la presidente del Consiglio, né tantomeno in giorni realmente precedenti» (notizia riportata anche dal Giornale). Insomma, il faccia a faccia c'è stato, ma non nei «giorni realmente precedenti» al pranzo tra Mattarella e Meloni.

Ma ieri ad agitare le acque della maggioranza è stato il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. Che, per primo, ha messo nero su bianco dubbi che nel Carroccio hanno in molti e da tempo. «Ho parlato con tanti sindaci di Comuni e i problemi sono numerosi. Forse sarebbe il caso di valutare di rinunciare a una parte dei fondi a debito». Domanda ovviamente retorica quella di Molinari. Che a Palazzo Chigi suona come un campanello di allarme. Non solo è la linea opposta a quella di Meloni, ma è di tutta evidenza che uscite simili da parte di un capogruppo di maggioranza non aiutano nelle interlocuzioni con Bruxelles, proprio mentre la Commissione Ue si è presa un altro mese per le verifiche relative all'ultima tranche di fondi del 2022. La premier, che è a Verona per il Vinitaly, non vuole però aprire fronti. E da subito si raccomanda con i suoi di evitare accenti polemici verso Molinari o la Lega. La linea è chiara: non è il momento di alimentare contrasti, ma al contrario bisogna sopirli.

Così, anche lo spin veicolato da generiche «fonti di governo» spiega che l'esecutivo è al lavoro per una «rimodulazione» del Piano, ma rinunciare ai fondi «non è previsto». Insomma, «stiamo proponendo soluzioni che consentano di utilizzare le risorse, non di perderle». L'idea di Fitto, infatti, è quella di utilizzare come vasi comunicanti le diverse fonti di finanziamento dell'Ue e spostare sui Fondi di coesione, o sui fondi nazionali, quei progetti che si stanno già dimostrando irrealizzabili. Ed è la stessa Meloni, tra un selfie e un assaggio al Vintaly, ad usare parole rassicuranti: «Non sono preoccupata dai ritardi sul Pnrr. Stiamo lavorando molto e non mi convince la ricostruzione allarmista». Poi, senza alcun riferimento alla Lega, chiude la querelle: il «clima di collaborazione con l'Ue è ottimo» e «non prendo in considerazione di perdere le risorse» del Pnrr, ma «solo di farlo arrivare a terra in maniera efficace».

Infine, una battuta sulle parole di Ignazio La Russa su via Rasella.

Ai cronisti che le chiedevano un commento, la premier risponde che la sua è stata «una sgrammaticatura istituzionale» che il presidente del Senato «ha risolto da solo». «Ha chiesto scusa, mi pare che la polemica sia chiusa».

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