Non è tanto la lunga standing ovation che gli riserva la platea del Policy Exchange durante la consegna del premio Grotius 2023, quanto il fatto che quel riconoscimento avrebbe voluto consegnarglielo personalmente Rishi Sunak a margine del bilaterale di giovedì a Downing Street. Il primo ministro del Regno Unito, infatti, è stato per un periodo uno degli animatori del prestigioso think tank inglese, ma - come vuole il protocollo - non poteva che essere il direttore del centro studi londinese, Lord Dean Godson, a fare gli onori di casa e premiare Giorgia Meloni. Un dettaglio, certo. Che è però il termometro di quale e quanta sia la sintonia tra Sunak e la premier italiana.
Non a caso, la due giorni di Londra - che la presidente del Consiglio prolungherà di almeno 24 ore per una visita privata della città insieme al compagno e alla figlia - è stata un successo sotto tutti i punti di vista. Dopo il bilaterale a Downing Street e la visita a Westminster in compagna di Sunak, ieri è stata la volta del premio Grotius («Meloni è forte e ha fatto uno straordinario discorso», ha detto Lord Charles Powell, storico consigliere di Margaret Tatcher e John Major) e del ricevimento all'ambasciata italiana che ha coinvolto circa 400 invitati tra rappresentanti delle istituzioni, delle imprese e della comunità finanziaria. Non si è trattato del classico incontro con la City - che ha un format ben preciso - ma erano comunque presenti all'appuntamento Black Rock, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Lazard e Hsbc.
Ed è proprio al termine dell'evento in ambasciata - dopo una serie infinita di selfie e strette di mano - che Meloni si intrattiene con i giornalisti presenti. Per fare il punto sulla due giorni londinese, ma pure per lanciare un messaggio a sostegno delle ragioni dell'Italia. Proprio nel giorno in cui il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, incontra a Stoccolma la presidente della Bce, Christine Lagarde, e mentre l'Eurogruppo torna alla carica con Roma per una rapida approvazione del Mes. Se la Banca d'Italia fa sapere che «permangono i rischi da inflazione e frenata del Pil», Meloni ci tiene a mettere in chiaro che «c'è una ripresa dell'ottimismo» e «non si può sempre fare il Tafazzi di turno anche quando le cose vanno bene». E aggiunge: «Non leggo una preoccupazione dei mercati, perché quel che vedete è uno spread sotto la media dello scorso anno, la borsa sale e abbiamo una previsione di crescita del Pil più alta di Francia e Germania e di quel che era stato previsto». Insomma, «ai mercati interessano i fatti» e «i fatti dicono che l'economia italiana sta andando molto bene e che i provvedimenti presi da questo governo sono efficaci». Parole che arrivano dopo che l'Istat ha fatto sapere di prevedere una crescita del Pil dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dell'1,8% in termini tendenziali. Meloni parla anche del Pnrr. E, forse, anche in questo caso guarda a Bruxelles quando ribadisce che «preoccupazioni non ce ne devono essere» perché «la nostra volontà indiscussa è spendere i soldi».
Infine, il capitolo immigrazione. Con la premier che appoggia la contestata norma in discussione nel Regno Unito che prevede che i migranti vengano spostati in Ruanda mentre attendono il permesso di soggiorno.
Una posizione che è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, ma che ricalca una proposta che Meloni ha sposato diverse volte: quella di creare hotspot nel nord dell'Africa - Libia in testa - dove poter «vagliare» le domande d'asilo. Quella del Ruanda, dice, «non è un'ipotesi su cui stiamo lavorando», ma «non la vedo come una deportazione» perché è solo «un accordo tra Stati liberi nei quali viene garantita la sicurezza delle persone».
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