Meloni critica La Russa: "Io non sarei intervenuta". Tensione con i magistrati. Il Colle prende le distanze

Concluso il summit Nato di Vilnius e alla vigilia dell'incontro in programma oggi pomeriggio con Sergio Mattarella, Giorgia Meloni prova a stemperare le fibrillazioni sulla Giustizia

Meloni critica La Russa: "Io non sarei intervenuta". Tensione con i magistrati. Il Colle prende le distanze
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Concluso il summit Nato di Vilnius e alla vigilia dell'incontro in programma oggi pomeriggio con Sergio Mattarella, Giorgia Meloni prova a stemperare le fibrillazioni sulla Giustizia che sono da giorni al centro del dibattito politico italiano. Lo fa per scelta, non certo incidentalmente. Tanto che, pur essendo in un consesso internazionale, risponde in maniera lunga e articolata alle domande dei giornalisti sulle questioni interne. Per «fare chiarezza» e assicurare che, anche se «ci sono state polemiche», «non c'è alcun conflitto con la magistratura». Concetto su insiste per ben tre volte. «Chi confida nel ritorno dello scontro tra politica e magistratura - spiega - rimarrà deluso».

Poi, però, Meloni entra nel dettaglio. E affronta i tre casi che da giorni sono sotto i riflettori. Il primo: difende a spada tratta il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, contestando nel merito la scelta del gip di procedere con l'imputazione coatta, decisione che «suscita stupore» perché il pm aveva chiesto l'archiviazione. Insomma, «un caso politico». Il secondo: prende le parti della ministra Daniela Santanché. Anche se con molti distinguo, perché è vero che c'è «un problema di procedura», visto che l'indagine non le è stata mai notificata personalmente ma attraverso un quotidiano e, peraltro, «il giorno stesso in cui lei va in Aula per l'informativa». Ma, spiega, sono vicende diverse, perché questa è «una questione extra-politica» che «non riguarda la sua attività di ministro». E anche dovesse arrivare un avviso di garanzia, non porterebbe «in automatico» alle sue dimissioni, anche in considerazione «delle modalità» dell'inchiesta. Su cui, ci tiene però a sottolineare, «non entro nel merito». Infine il terzo (il più delicato, anche per le implicazioni con il Quirinale rispetto a quella che è la seconda carica dello Stato): il presidente del Senato non è coinvolto personalmente, ma la premier ha parole molto dure per la sua scelta di intervenire in prima persona in difesa del figlio accusato di violenza sessuale. Circostanza, questa, che non sarebbe stata apprezzata neanche al Colle. «Comprendo da madre la sofferenza del presidente del Senato, anche se - dice Meloni - non sarei intervenuta nel merito della vicenda. Tendo a solidarizzare per natura con una ragazza che denuncia».

Insomma, pur premettendo che non c'è alcun conflitto con la magistratura, sui casi Delmastro e Santanché (con sfumature molto diverse) la premier punta il dito contro le procure. Tanto che alla domanda se condivida o no la nota in cui «fonti di Palazzo Chigi» attaccavano «una fascia della magistratura» per aver «inaugurato anzitempo la campagna elettorale per le Europee», Meloni risponde con un sibilino «certo».

È esattamente su questo passaggio che il tentativo di distensione va a sbattere. Quelle che fino a ieri erano un generico «fonti», ora è nero su bianco il pensiero di Meloni. Replica a stretto giro l'Anm, pure il Csm va in subbuglio. E anche sul Colle si percepisce una forte preoccupazione. Tanto che il Quirinale ci tiene a far uscire una nota in cui fa sapere che nel pomeriggio Mattarella ha ricevuto presidente e pg della Corte di Cassazione. Un dato fattuale, certo. Ma che la presidenza della Repubblica sceglie di rendere pubblico solo dopo la conferenza stampa di Meloni.

I due si vedranno oggi alle 17, quando la premier è attesa al Colle per il Consiglio supremo di difesa. Occasione in cui avranno anche un colloquio privato. In cui Mattarella le sottoporrà le criticità della riforma Nordio, il cui iter parlamentare è appena iniziato ed è destinato a durare a lungo.

Separazione delle carriere e abrogazione dell'abuso d'ufficio, infatti, devono essere «compatibili» con la legislazione europea e con gli obiettivi del Pnrr (efficienza e riduzione dei tempi dei processi). Su questo Mattarella non ha dubbi.

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