nostro inviato a Rio de Janeiro
Nonostante un'agenda del G20 che la presidenza brasiliana ha impostato soprattutto sulla lotta a povertà e fame nel mondo e pur con gli Stati Uniti congelati in attesa del passaggio di consegne alla Casa Bianca, al summit dei Venti grandi della terra che si è chiuso ieri a Rio de Janeiro a tenere banco è stato il conflitto tra Mosca e Kiev.
L'escalation di attacchi russi contro il territorio ucraino proprio mentre gli sherpa del Cremlino erano a Rio a negoziare e limare il documento della dichiarazione finale, è stato infatti interpretato come il segnale dell'assenza di una reale volontà di dialogo da parte di Vladimir Putin, che - nonostante l'imminente insediamento di Donald Trump (il 20 gennaio) - è riuscito a ricompattare il fronte occidentale.
Una circostanza che emerge chiara dalle parole della premier italiana Giorgia Meloni che, poco dopo le nove di mattina locali e prima di dirigersi al Museo di Arte moderna per l'ultima sessione dei lavori, si ferma all'uscita dall'hotel Miramar di Copacabana per un punto stampa con i giornalisti italiani. Fa un breve bilancio del summit brasiliano e parla anche di questioni nazionali (dalle elezioni regionali alle polemiche su Giuseppe Valditara e Andrea Delmastro). Ma si concentra soprattutto sul capitolo Ucraina.
A prescindere da quale direzione prenderà il nuovo corso dell'amministrazione americana, infatti, la premier è convinta che si debba continuare a sostenere le ragioni di Kiev. «Finché c'è una guerra in Ucraina noi saremo a fianco dell'Ucraina», risponde a chi gli chiede se sarà rinnovato il decreto per l'invio delle armi a Kiev in scadenza a fine anno. Meloni, poi, non nasconde le sue forti perplessità su un'effettiva volontà di Putin di sedersi al tavolo delle trattative. È per questo, spiega, che «non mi sono scandalizzata per la telefonata di Olaf Scholz» al numero uno del Cremlino. «Mi pare - aggiunge - che le posizioni espresse da Scholz siano in linea con il sostegno all'Ucraina, mentre da parte russa non c'è stata alcuna disponibilità al dialogo». Insomma, «il tema non è parlare e non parlare ma parlare per dire cosa e non mi pare che oggi Putin sia disposto a qualsiasi forma dialogo». Un fatto che «almeno ci aiuta a chiarire la realtà rispetto alla propaganda di questi mesi».
Una posizione, quella di Meloni, che coincide con quanto detto lunedì scorso proprio a Rio dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Un invito a tenere alta l'attenzione sull'Ucraina e non dare l'idea che sia alle porte un disinteresse dell'occidente che favorirebbe solo Mosca. Peraltro, la premier invita alla cautela «sul tema di un eventuale disimpegno americano». «Dobbiamo aspettare per vedere cosa accade e - spiega - fare tutto il possibile per non divaricare il fronte occidentale». E ancora: «Penso che tutti si rendano conto dove sta la ragione nel conflitto ucraino».
E proprio per il salto di qualità negli attacchi di Mosca, Meloni non è affatto sorpresa per «la decisione degli Stati Uniti di permettere a Kiev di usare i missili a lungo raggio» forniti da Washington. «È la risposta a un'aggressività senza precedenti della Russia che abbiamo visto in questi giorni, alla vigilia di un G20 al quale Mosca partecipa», spiega la premier. «Come sapete - conclude - l'Italia ha fatto un'altra scelta e ci siamo concentrati sin dall'inizio sul tema della difesa antiaerea e delle popolazioni civili. Ma - aggiunge lasciando intendere che non si tirerà indietro se ci sarà da rinnovare il decreto per l'invio di forniture militari a Kiev in scadenza a fine anno - ovviamente comprendo anche il punto di vista di altre nazioni».
Mentre Meloni lascia Rio con destinazione Buenos Aires - oggi sarà ricevuta alla Casa Rosada da Javier Milei - a Varsavia si conclude la riunione del ministri degli Esteri del cosiddetto formato Weimar plus (Francia, Germania e Polonia, allargata a Italia, Regno Unito e Ucraina).
In occasione del millesimo giorno di guerra tra Mosca e Kiev, infatti, si è voluto ribadire il sostegno europeo alle ragioni dell'Ucraina, con un'intesa politica - annunciata dal padrone di casa Radoslaw Sikorski e confermata da Antonio Tajani - sugli eurobond per finanziare la difesa Ue.
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