L'incertezza globale ferisce le imprese. Export a rischio se manca la stabilità

Scordamaglia (Filiera Italia): "I tiramolla sono pericolosi". A Livorno porto già in tilt

L'incertezza globale ferisce le imprese. Export a rischio se manca la stabilità
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L'incertezza non è solo nemica dei mercati finanziari. Lo è anche della logistica e delle aziende che ogni giorno sono anche alle prese con le complicazioni lungo la cosiddetta supply chain, ovvero la somma dei processi di approvvigionamento, produzione e distribuzione che coinvolge fabbriche, fornitori, spedizionieri, punti vendita e clienti. Se si inceppa un anello di questa catena, l'imprenditore ha una grossa grana da risolvere e rischia di perdere parecchi quattrini. Figuriamoci se nell'ingranaggio non finisce un piccolo imprevisto ma un repentino aumento dei dazi doganali. Seguito da un altrettanto repentino stop per soli 90 giorni, poi chissà. È il caos nella pianificazione della produzione e della logistica. Ecco perché molte aziende italiane non brindano con entusiasmo alla sospensione dei dazi annunciata a sorpresa da Donald Trump mercoledì.

Per l'ad di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, la mossa di Trump è «un passo avanti perché quantomeno mette gli esportatori italiani, soprattutto le aziende vinicole italiane, alla pari con i nostri concorrenti argentini, cileni e australiani». Dopodiché, aggiunge, «è evidente che l'instabilità non facilita la programmazione, per cui auspichiamo che nel più breve tempo possibile si arrivi a una decisione finale» perché «questi tiramolla sono dannosi per noi come per i cittadini e per le aziende americane. L'instabilità cui ci ha abituato Trump non facilita il business», spiega al Giornale. Ma Scordamaglia punta anche il dito sui controdazi Ue, ora sospesi da Bruxelles per tre mesi in attesa di negoziare con Washington. «Speriamo che l'Europa utilizzi ogni singolo minuto di questi 90 giorni per sedersi e trattare ad oltranza».

Anche per Federvini la sospensione temporanea dei dazi aggiuntivi sui prodotti italiani, vini, spiriti ed aceti inclusi, è un primo segnale di apertura ma non modifica, nella sostanza, le difficoltà strutturali per il comparto. Secondo la presidente Micaela Pallini, «un'aliquota del 10% può essere gestita nel breve termine ma non rappresenta una condizione sostenibile né auspicabile per il futuro. Per un settore che compete sui mercati globali, servono certezze normative e una cornice commerciale chiara e stabile». C'è, infatti, una differenza tra una pausa nei combattimenti e un cessate il fuoco. E nel frattempo, molti imprenditori hanno già provveduto ad aumentare le scorte nei magazzini Usa per evitare le tariffe sulle casse spedite dall'Italia. Il vino però è un bene deperibile e poi lo spazio nei magazzini è limitato, senza dimenticare che la rotazione del magazzino ha un costo. E siamo in un mercato recessivo.

«L'azione intrapresa da Trump in materia di dazi è semplicemente assurda, quasi a voler dimostrare di essere un uomo solo al comando, capace di adottare decisioni drastiche senza alcun confronto, ignorando le opinioni di chi, per ruolo e competenza, dovrebbe aiutarlo a riflettere», commenta Luca Tosto, al timone dell'omonimo gruppo abruzzese che produce apparecchiature in pressione per impianti industriali e che negli Usa fattura circa 30 milioni di euro l'anno. «Non si può nemmeno escludere che si tratti di una mossa strategica per alterare gli equilibri dei mercati e dare avvio a dinamiche speculative di vasta portata», rileva aggiungendo che «in ogni caso, ciò che preoccupa realmente sono le conseguenze». Anche in Toscana, dove le esportazioni verso gli Usa valgono 6,2 miliardi, gli imprenditori non hanno tirato un sospiro di sollievo. Anzi. Trattandosi per lo più di piccole aziende manifatturiere si stanno mettendo le mani nei capelli. Comprese quelle che si occupano di spedizioni internazionali.

Molte imprese svolgono anche il servizio di stoccaggio, oltre che di spedizione, soprattutto per i produttori più piccoli che non hanno spazio per tenere ferma la merce. E a Livorno i magazzini del porto si stanno saturando.

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