Un pranzo di oltre un'ora e mezza per fare il punto sui prossimi appuntamenti parlamentari e su come ottimizzare il lavoro della Camera, cercando di limitare per quanto possibile la decretazione d'urgenza. Giorgia Meloni e Lorenzo Fontana si incontrano a Montecitorio per una colazione a due nell'appartamento presidenziale. E filtra poco o nulla di un faccia a faccia a cui prendono parte solo i diretti interessati. Di certo, c'è la volontà della premier di ridurre drasticamente i decreti legge, una corsia preferenziale che inevitabilmente mortifica il Parlamento e che in questi primi tre mesi di navigazione il governo ha seguito più volte (tra il 22 ottobre e il 13 gennaio ha presentato ben 15 decreti, un record). La via maestra, invece, dovrebbe essere quella del disegno di legge, con l'inevitabile dilatazione di tempi che comporta. Soprattutto alla Camera, dove a differenza del Senato e con buona pace del bicameralismo perfetto devono necessariamente passare 24 ore tra la richiesta del governo di porre la fiducia e il voto dell'Aula. Un tema su cui il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha più volte posto l'attenzione, l'ultima una decina di giorni fa in occasione della fiducia sul dl Aiuti quater. «Questa difformità tra Camera e Senato spiegava in Transatlantico rende i tempi di Montecitorio decisamente più lunghi». Questione che Fontana vorrebbe provare a risolvere. Sulle singole fiducie ha già tentato in diverse occasioni, ma senza trovare la necessaria unanimità in conferenza dei capigruppo (Pd, M5s e Avs si sono sempre dette contrarie). Ed è per questo che si sta lavorando ad una modifica regolamentare che possa essere discussa in Giunta del regolamento già a febbraio (i relatori sono il leghista Igor Iezzi e il dem Federico Fornaro) e che cancelli lo stop di 24 ore. Sempre con l'intenzione di velocizzare i tempi della Camera, poi, Meloni e Fontana, avrebbero anche ragionato sulla possibilità di accelerare i disegni di legge governativi attraverso lo strumento della procedura d'urgenza (ma anche in questo caso serve un passaggio preventivo in conferenza dei capigruppo).
Non è escluso, infine, che i due si siano confrontati anche sulla ratifica del Mes. Un passaggio che per la maggioranza rischia di non essere semplicissimo. L'iter del disegno di legge di ratifica potrebbe iniziare in commissione Esteri già fra 15 giorni, con l'arrivo del provvedimento in Aula tra fine marzo e inizio aprile. I mal di pancia, soprattutto quelli della Lega, sono noti. E il voto in Lombardia potrebbe cambiare gli equilibri all'interno del Carroccio e, magari, spingere Matteo Salvini su posizioni più movimentiste. E se un pezzo di Lega si sfilasse, il Mes finirebbe per passare con una maggioranza asimmettrica (con Pd e +Europa). Politicamente, insomma, non sarebbe un passaggio indolore per il governo.
E a proposito di Europa - la legge sulla concorrenza è tra gli obietti del Recovery plan - proprio ieri Fdi ha presentato un emendamento al decreto Milleproroghe per rilanciare sui balneari. La proposta è quella di cancellare l'attuale termine del 31 dicembre 2023 e lasciare in vigore le concessioni fino al varo della riforma complessiva del settore.
Una posizione in linea con quella di Forza Italia, che ha presentato un emendamento per prorogare di uno o due anni le scadenze (linea condivisa dalla Lega). Ma che mette il governo su una strada ben lontana da quella indicata dall'Europa, per giunta proprio mentre il governo italiano sta discutendo con Bruxelles eventuali correttivi al Pnrr.
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