I sorrisi che Giorgia Meloni dispensa nella sua terza conferenza stampa da quando siede a Palazzo Chigi sono una via di mezzo tra imbarazzo e preoccupazione. Se la ragion politica impone infatti di rimandare al mittente le dure accuse arrivate da Parigi, la ragion di Stato va esattamente nella direzione opposta. Non solo perché l'Italia non può permettersi di aprire un fronte di scontro così violento con la Francia, ma anche e soprattutto perché è del tutto evidente - non solo a Parigi, ma anche a Bruxelles - che il governo italiano si è mosso con una goffaggine diplomatica che ha pochi precedenti. Dando il là al corto circuito che in poche ore ha fatto precipitare la situazione.
Ne è ben consapevole Meloni, che non rinuncia a dirsi «molto colpita» dalla reazione «aggressiva», «incomprensibile» e «ingiustificabile» del governo francese. E che a sostegno delle sue ragioni snocciola i numeri dell'accoglienza di Italia e Francia: la Ocean Viking «è la prima nave che approda» in un porto francese, porta «234 migranti» a fronte dei «quasi novantamila» che «l'Italia ha accolto dall'inizio dell'anno».
«No-van-ta-mi-la», scandisce la premier a ribadire il concetto. Insomma, «ho trovato i toni» di Parigi «francamente forti». Come la minaccia di bloccare l'accordo sui ricollocamenti. Tredici Paesi Ue dovrebbero accogliere circa ottomila migranti, «meno del 10% di quelli arrivati in Italia» nel 2022. Fino ad oggi, continua Meloni, «ne hanno presi solo 117, di cui la Francia solo 38». E noi, scandisce di nuovo, «no-van-ta-mila».
Fin qui la forma delle parole. Ben lontana dalla sostanza della politica. Perché la verità è che al durissimo attacco sferrato giovedì dal governo francese che è arrivato fino al punto di invitare gli altri Paesi europei, Germania in primis, a isolare l'Italia sulla questione migranti Meloni risponde con l'artiglieria leggera. Forse anche di più, visto che il suo non è niente di più che un lancio di coriandoli. Torna sull'argomento numerico, che mette in chiaro quante e quali siano le ragioni dell'Italia. E ribadisce il suo stupore. Niente di più, perché sa bene che il cortocircuito tra Roma e Parigi è colpa anche di un incredibile black out diplomatico. Che, forse anche troppo ingenuamente, è la stessa premier a raccontare in conferenza stampa. Ci sono state «incomprensioni», ammette. «Voi avete scritto che la Francia avrebbe accolto la Ocean Viking», dice poi rivolta ai giornalisti. E ancora: «Dopo questa notizia, non smentita per otto ore e che non so se vi siete inventata voi, io ho ringraziato la Francia per la solidarietà». Una ricostruzione che lascia piuttosto basiti e che conferma l'imbarazzo di Meloni, perché è del tutto evidente che una nota ufficiale della presidenza del Consiglio italiana rivolta ad un partner internazionale strategico come lo è per noi la Francia non può essere decisa in base ad una notizia battuta dalle agenzie di stampa e «non smentita per otto ore». E infatti esistono canali l'ufficio diplomatico di Palazzo Chigi o la Farnesina che si occupano proprio di gestire questo tipo di interlocuzioni.
Ma a scatenare la durissima reazione di Parigi non è tanto la nota in cui Meloni esprime il suo apprezzamento per la decisione della Francia di condividere la responsabilità dell'emergenza migratoria (che comunque Oltralpe ha contribuito ad accendere Marine Le Pen), quanto la nota con cui Matteo Salvini celebrava la vittoria italiana sui cugini francesi. «L'aria è cambiata», fa sapere il leader della Lega che, per inciso, è vicepresidente del Consiglio. Insomma, invece di ringraziare Macron per essersi finalmente fatto carico di accogliere una nave ong abbiamo preferito rispondere da gradassi. Che Parigi potesse non gradire, insomma, ci sta.
Tanto che, nonostante Meloni provi a gettare acqua sul fuoco, da Parigi arriva una replica piuttosto tranchant. «Con l'Italia si è rotta la fiducia», fa sapere la ministra per gli Affari europei Laurence Boone. Insomma, anche se il suo omologo italiano, Raffaele Fitto, assicura che non c'è «nessuna crisi con l'Ue», la tensione tra Roma e Parigi resta. Al punto che tra Palazzo Chigi ed Eliseo non si registra alcun contatto.
Così come tra il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il suo omologo francese Gérald Darmanin. Che si potrebbero incontrare entro metà dicembre a Bruxelles per un Consiglio Ue dei ministri dell'Interno proprio sul dossier migranti.
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