«E pensi che il giudice Marco Patarnello non è nemmeno tra i più barricaderi». Il leader Stefano Musolino declina l'invito («domani (oggi, ndr) mi leggerà su Repubblica», una fonte di Magistratura democratica invece parla e sorride quando parliamo del giudice che nella chat dell'Anm definisce Giorgia Meloni «pericolosa perché non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte». Di buon mattino il premier rilancia con indignazione sui social lo scoop del Tempo, la decisione dell'ufficio Immigrati del Tribunale di Roma che ha annullato il trattenimento di 12 persone nei centri allestiti in Albania alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Ue sui Paesi «sicuri» diventa l'ennesimo campo minato tra due trincee, la magistratura e il Parlamento.
«C'è una parte iper sensibile alle istanze degli immigrati», dice un iscritto alla chat, che ci suggerisce di guardare alla recente giurisprudenza sul diritto d'asilo. Non c'entra (solo) la sentenza svuota Cpr del giudice di Catania Iolanda Apostolico sulla caparra da 5mila euro (ridotta successivamente a 2.500 euro), un compagno militante di Potere al Popolo, il figlio nel giro degli antagonisti, lei stessa pizzicata a una manifestazione politica contro l'allora ministro Matteo Salvini a sostegno dei migranti della nave Diciotti. O il tweet inopportuno del giudice della Corte dei Conti Marcello Degni che sognava di far «sbavare di rabbia» il centrodestra sulla manovra finanziaria. «C'è una minoranza rumorosa, che però fa opinione, non viviamo in una torre eburnea», ci dice una toga moderata. Al netto del provvedimento che partorirà oggi Palazzo Chigi la legge europea è chiara, quella italiana di più, «gli spazi di discrezionalità lasciati dal legislatore sono stati riempiti dai giudici e il risultato è sotto gli occhi di tutti».
Cosa dice la sentenza della Cedu? Nella procedura semplificata di decisione sulla protezione internazionale e di rapido rimpatrio, il Paese di provenienza dei migranti non deve registrare alcuna persecuzione o violazione dei diritti umani, neppure per pochi o in singole porzioni di territorio. «Questo vuol dire che nessun Paese musulmano è sicuro per gli omosessuali. Basta dichiararsi tale e il gioco è fatto». D'altronde, come spiega un magistrato esperto in questioni di rimpatri («in certi tribunali 8 reati su 10 sono compiuti da immigrati, ormai...») il nostro sistema di asilo è disegnato con tre figure giuridiche: il rifugiato, che rischia di essere perseguitato in Patria per religione, razza, motivi politici o perché omosessuale. Poi c'è la protezione sussidiaria per chi proviene da zone in cui la vita è insicura, che sia un siriano che fugge dalla guerra o un nigeriano che ha paura dei tagliagole di Boko Haram. «Poi è arrivata la protezione umanitaria, che da figura residuale, eccezionale, per motivi specifici, ha allargato la lesione dei diritti individuali patiti non solo alla possibilità di curarsi perché nel suo Paese gli era impossibile, ma anche al diritto a un'esistenza privata libera e dignitosa», diventato fondamentale e dunque compromesso da un eventuale rimpatrio, anche in un Paese sicuro, vedi il Marocco», come da interpretazione estensiva dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani. Eccolo, l'arcano.
Sfogliando alcune recenti sentenze della Cassazione si legge: per ottenere l'asilo basta «la seria intenzione di integrazione, anche senza un lavoro a tempo indeterminato». Eccola, la giurisprudenza «abnorme», per stare alle critiche del Guardasigilli Carlo Nordio, contro cui il centrodestra ha ormai pochissimi margini di manovra.
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