La giornata conclusiva del 75esimo vertice della Nato è dedicata soprattutto all'Ucraina e all'accordo sui 40 miliardi di dollari da destinare nel 2025 alla difesa e sicurezza di Kiev. Giorgia Meloni interviene in due diverse sessioni del summit, quella su Asia e Pacifico e quella conclusiva con il focus sull'Ucraina. E ribadisce con nettezza che l'Italia resterà al fianco di Kiev, perché l'alternativa sarebbe il caos. «La difesa dell'Ucraina dipende anche dalla capacità di deterrenza dell'Alleanza e dal rafforzamento della sicurezza delle nostre nazioni, sulla quale dobbiamo continuare ad investire», spiega la premier. Che rassicura gli alleati sul fatto che Roma centrerà l'impegno a portare le spese in Difesa all'obiettivo Nato del 2% del Pil entro il 2028. Intanto, a margine del vertice di Washington, il ministro della Difesa Guido Crosetto e i suoi omologhi di Germania, Francia e Polonia firmano un accordo per lo sviluppo di missili a lunga gittata (oltre mille chilometri, abbastanza - scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung - da raggiungere obiettivi russi partendo dal suolo tedesco). Un'iniziativa, spiega Crosetto, che «getta le basi per una cooperazione integrata» e «a lungo termine» per «rafforzare le capacità europee di difesa e deterrenza». E che conferma come - al di là delle profonde incomprensioni politiche tra Meloni, Emmanuel Macron e Olaf Scholz - il sistema Italia e la sua industria resta comunque centrale in ambito Nato e Ue.
Ma Meloni è concentrata anche su quello che la diplomazia italiana definisce «l'adattamento strategico e operativo dell'Alleanza rispetto all'evoluzione del quadro di sicurezza». Con il conflitto in Ucraina, infatti, si pone in termini nuovi l'attuazione della missione della Nato, che rimane comunque prettamente difensiva. Ma - è il senso dei due interventi a porte chiuse della premier - va perseguita avendo in mente sia la globalità delle sfide, secondo l'approccio realmente a 360 gradi previsto dal Concetto Strategico approvato nel 2022 a Madrid, sia la necessaria collaborazione tra Nato e Unione Europea.
Non è un caso, ribadiscono gli sherpa italiani che hanno lavorato al dossier, che Meloni insita con forza sulla necessità di rilanciare i partenariati dell'Alleanza atlantica e i rapporti di collaborazione più o meno strutturati con più di trenta Paesi del Nord Africa, del Golfo, dell'Europa orientale, dell'Asia Centrale e dell'Indo-Pacifico. L'Italia, infatti, guarda soprattutto al «fronte Sud», nella convinzione che il Mediterraneo sarà sempre più un quadrante strategico non solo per la Nato ma anche per l'Ue. D'altra parte, è il senso del ragionamento che nella hall dell'hotel St. Regis di Washington Crosetto condivide con i suoi interlocutori, l'Africa è un continente con un'immensa quantità di risorse naturali e materie prime indispensabili per i prodotti ad alta tecnologia (basti pensare al coltan, minerale presente in tutti i nostri smartphone). E non è un caso che la Cina sia diventato negli ultimi anni il principale investitore del continente africano, decisivo anche per la produzione della tecnologia militare. Sarà questo, insomma, uno dei principali terreni di scontro su cui nel decennio a venire si ridisegneranno gli equilibri geopolitici globali. Ed è anche per questa ragione che Meloni insiste sul rilancio dell'azione della Nato verso il «fronte Sud». Su forte spinta di Roma, spiegano i diplomatici italiani nella hall del hotel St. Regis che ospita la nostra delegazione, sarà infatti approvato un pacchetto di misure centrate su dialogo politico e collaborazione pratica con le nazioni del vicinato meridionale e sarà nominato un Rappresentante speciale del segretario generale Nato per il Sud. In corsa ci sono Italia e Spagna, anche se - spiega il ministro degli Esteri Antonio Tajani - non c'è alcun braccio di ferro tra Roma e Madrid. Sul punto, peraltro, Meloni si sta spendendo in prima persona. E proprio ieri, a margine del summit, avrebbe sottoposto la questione direttamente al presidente americano Joe Biden, che si sarebbe impegnato a coinvolgere il segretario di Stato Antony Blinken per sostenere la candidatura italiana.
Sullo sfondo del 75esimo vertice Nato, resta il nodo Viktor Orbán, presidente di turno dell'Ue fino al 31 dicembre. Dopo i suoi viaggi a Mosca e Pechino, infatti, ieri il premier ungherese che strizza l'occhio a Mosca è volato da Washington alla Florida per incontrare Donald Trump. Una decisione che ha suscitato polemiche, ma sui cui la diplomazia italiana continua a predicare prudenza.
È vero che l'Ungheria ha deciso di non contribuire ai 40 miliardi di dollari per Kiev, spiegano fonti di Palazzo Chigi, ma lo ha fatto in modo trasparente e senza sorprese. E al netto dell'approccio controcorrente di Budapest, «isolare Orbán sarebbe un errore». Insomma, «come ripete sempre Meloni, la strada da battere è quella di mantenere il dialogo aperto».
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