Tranquillizzare l'Europa e rassicurare i mercati. Non solo perché in serata è atteso il giudizio sul debito italiano dell'agenzia di rating statunitense Dbrs (il 10 novembre sarà la volta di Fitch, mentre il 17 toccherà a Moody's), ma anche perché le prossime settimane saranno decisive per la definizione delle nuove regole della governance europea. Proprio da Bruxelles, infatti, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha ribadito che «la sospensione del Patto di Stabilità terminerà quest'anno». E quindi o si arriverà entro due mesi a un'intesa su nuove regole oppure si tornerà alle vecchie, che per un Paese con il deficit e il debito dell'Italia sarebbe un problema non da poco. Se ne discuterà nel Consiglio Economia e finanza del 9 novembre, appuntamento a cui Giorgia Meloni vorrebbe arrivare con la legge di Bilancio già blindata e, soprattutto, senza le strascico delle polemiche che da giorni stanno agitando la maggioranza. Ecco perché, lasciando l'Europa building al termine della due giorni di Consiglio europeo, è proprio da Bruxelles che la premier fa professione di concordia. E assicura «non ci sono problemi nella maggioranza, non ci sono problemi con Salvini né Tajani e non ci sono problemi con Mediaset». Anzi, «c'è un clima generale sereno» e quando «tutte le mattine sento Salvini e Tajani ci divertiamo parecchio a leggere la rassegna stampa». Anche su Marina Berlusconi, aggiunge, «ho letto moltissime ricostruzioni», compreso «il fatto che io non fossi soddisfatta di quello che lei ha detto su di me». Insomma, «penso che una cosa sia raccontare se ci sono dei problemi», mentre «tentare di crearli è un altro lavoro».
Una smentita categorica - e a 360 gradi - di qualunque tipo di dissidio, anche dei tanti distinguo nella maggioranza che non sono certo frutto dei retroscena dei giornali ma delle dichiarazioni pubbliche di autorevoli esponenti di Lega (su pensioni e fiscalità) e Forza Italia (sulla cedolare secca o sulla prescrizione). Con conseguente girandola di bozze e controbozze della manovra a rincorrersi tra il Mef e Palazzo Chigi.
Ma l'obiettivo della premier è veicolare un messaggio che tranquillizzi, un «segnale di compattezza» su tutti i fronti. A partire dalla legge di Bilancio che va approvata «in tempi rapidi». E, appunto, con un occhio alla riforma del Patto di Stabilità, questione di cui - spiega - si è parlato giovedì con i leader fino a tarda notte e su cui ieri mattina Meloni si è confrontata in un bilaterale con la presidente della Bce, Christine Lagarde. «La trattativa non è facile perché le posizioni di partenza sono divergenti», ma - spiega la premier - finalmente «si è fatto qualche passo avanti». Che però non sembra vedere Olaf Scholz, principale sostenitore della linea del rigore. «Ci sarà ancora molto da discutere, le posizioni non si sono ancora avvicinate né da una parte né dall'altra», dice il cancelliere tedesco.
A cascata, la definizione delle nuove regole della governance europea si portano dietro il dibattito - ormai tutto italiano - sulla ratifica del Mes. Meloni ieri ha detto più chiaramente quello che da tempo sostiene quando evoca lo schema della «trattativa a pacchetto». E cioè che l'Italia è più forte nel negoziato sul Patto se lascia aperta la questione del Meccanismo europeo di stabilità, su cui si dovrà decidere solo «quando sarà chiaro il quadro» complessivo in cui ci si muove.
Insomma, la premier non esclude un ulteriore rinvio del confronto sul Mes, in calendario nell'aula della Camera tra il 20 e il 24 novembre. Anche se sul punto evita di pronunciarsi: «Lo deciderà il Parlamento, io sto al governo».
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