Silenzio. Muta. Non parla. Ma a togliere la voce alla premier non sono i problemi con l'Europa, il malessere della maggioranza, i conti pubblici da far quadrare o la protesta della Fnsi contro l'emendamento Costa sulle intercettazioni. È l'influenza. Giorgia è febbricitante, a letto con la Tachipirina, afona. Salta dunque per la seconda volta la conferenza stampa di fine d'anno, rimandata a boh, data da destinarsi, e salta pure il boicottaggio del principale sindacato dei giornalisti, mobilitato contro la «legge bavaglio», cioè il divieto di pubblicare non la notizia bensì il dettaglio delle ordinanze di custodia cautelare. E già lo sciopero era piuttosto pittoresco, perché ad astenersi dal partecipare erano solo i vertici della FNSI e non i cronisti «che devono svolgere il proprio lavoro». Senza contare che la Meloni viene sempre accusata, con qualche ragione, di scansare le domande e quella che si voleva sabotare era una delle poche occasioni in cui la presidente del Consiglio è «costretta» per due o tre ore ad ascoltare e a spiegare.
Ma tant'è. La premier è ko, informano da Palazzo Chigi, «a causa del persistere dell'indisposizione dei giorni precedenti». Il primo appuntamento era stato fissato per il 21 dicembre. La Meloni, che aveva dovuto disertare la cerimonia al Quirinale per lo scambio di auguri tra Mattarella e le alte cariche, per l'influenza ha dovuto cancellare pure l'impegno con la stampa parlamentare. Intorno a Natale però si era rifatta viva qua e là, dalla recita della figlia alla visita al comando interruppe, dal video in cui parlava del «lavoro del governo per l'Italia» e dell'«orgoglio», alla foto del 25 sotto l'albero con la piccola Ginevra, con tanto di auguri alla nazione. Poi qualcuno l'ha vista a bordo di un aereo Roma-Milano, forse stava accompagnando la figlia a salutare i nonni paterni.
Ora, niente presidente del Consiglio, niente conferenza. La protesta della Fnsi, tra marce e imbavagliamenti davanti ai palazzi, prosegue. A restare per il momento inespresse saranno le tante domande previste, una quarantina. Alcune piuttosto calde. Il no al Mes e lo strappo con Bruxelles. Il si al Patto di stabilità e i rischi per il futuro dei bilanci pubblici. I soldi del Pnrr e le misure contro l'immigrazione irregolare. Le tensioni interne e i provvedimenti della Finanziaria. Le riforme istituzionali e le polemiche sul premierato. I rapporti di forza nel centrodestra e le grandi alleanze in Europa dopo le elezioni della prossima primavera.
E qui si nasconde la madre di tutte le domande: Giorgia si candiderà a Bruxelles? La tentazione è forte, l'idea è quella di ripetere l'exploit di Matteo Renzi che grazie al suo nome in lista trascinò il Pd al 41 per cento. Il rischio è che un successo troppo netto metta in difficoltà gli alleati e influisca sulla stabilità dell'esecutivo. La riserva non è stata ancora sciolta. Comunque non è un argomento da rivelare in una conferenza stampa, metterebbe in ombra l'attività di un anno di governo.
Infine, la
politica estera, il campo in cui ha riscosso i maggiori successi. Nel 2024, anno della presidenza italiana del G7, sono in agenda viaggi in Giappone, Canada e Usa, forse pure in Cina: Giorgia punta a un rilancio internazionale.
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