Meloni sollevata: Fdi finalmente ritrova Fi e Lega. "Stiamo sul pezzo"

La lunga giornata finisce con un breve discorso a Piazza Vittorio a Roma. Temeva la frattura con gli alleati ma ci ha pensato Draghi ad allontanare Forza Italia e Lega

Meloni sollevata: Fdi finalmente ritrova Fi e Lega. "Stiamo sul pezzo"

La sua giornata finisce a Piazza Vittorio, con l'orizzonte multietnico di una Roma calda e confusa. Giorgia Meloni ha visto cadere il governo senza spostarsi di un passo dalla sue posizioni politiche. È un risultato che le piace e non lo nasconde. «Stiamo sul pezzo». Per una volta è d'accordo con Enrico Letta: «Gli italiani sono migliori di questo Parlamento. Allora perché lo avete tenuto in vita fino allo sfinimento? Nelle democrazie c'è un solo modo per valutare la volontà popolare. È il voto».

La parola fiducia non rimbalza solo sulla testa di Draghi. È il sale di questa giornata, inquieta, faticosa, senza ritorno. È quella che manca e tanti vanno cercando, per scegliere, trovare una rotta, per rassicurarsi. Berlusconi e Salvini erano pronti a darla a Draghi, ma non al buio, come se nulla fosse accaduto, senza un gesto di consapevolezza, senza uno spiraglio per non perdere la faccia. Non c'è dubbio che anche un'altra protagonista di questa storia si sia guardata intorno, in alcuni momenti anche con un certo scetticismo, per scorgere negli occhi dei suoi alleati un segno per fidarsi ancora. È Giorgia Meloni, che nelle ore più calde della giornata, verso mezzogiorno, non era affatto sicura di riconoscersi nel centrodestra. Si è chiesta fino a che punto avrebbe potuto ignorare le scelte degli altri due. Che faranno? Staranno ancora in una maggioranza con Conte come convitato di pietra? Si accontenteranno di una finta discontinuità? Su quello che avrebbe fatto lei dubbi non ce n'erano. Elezioni. Lo ripete da quando Draghi è a Palazzo Chigi, costante, ossessiva e, come ci tiene a ricordarlo, coerente. Lo scandisce ogni minuto, questa volta ci ha messo qualcosa di più, che ha irritato parecchio il presidente del consiglio: Draghi pretende i pieni poteri. «Mai voluti» è la risposta.

Il pomeriggio non è stato certo più tranquillo. La differenza è che la leader di Fratelli d'Italia non si è limitata a attendere. Non è nel suo carattere e poi questo limbo cominciava a pesare. La cena della sera prima a Villa Grande, sull'Appia antica, non aveva sciolto alcun nodo. Berlusconi e Salvini volevano dare una possibilità al governo, per non avere rimorsi o rimpianti, e per non passare per quelli che se ne fregano. Sul piatto c'erano anche i dubbi di Gianni Letta, lì a ricordare che le elezioni non basta vincerle, poi bisogna anche avere la forza, con tutti contro, di governare. È un discorso che alla Meloni non è piaciuto e temeva che alla fine gli altri si sarebbero lasciati tranquillizzare. La realtà è che ci ha pensato Draghi. Come si fa a dargli la fiducia dopo quelle parole? È come se si fosse messo in testa un cappello con scritto Pd. È qui che la Meloni ha chiesto a Salvini di parlare, di valutare quella strada senza ritorno che dovrebbe portare alle elezioni (Mattarella non è ancora convinto) e di ritrovare un piano d'azione comune, strappando gli ultimi dubbi a Berlusconi, che in questa giostra non ha mai rinunciato al senso di responsabilità. Il leader di Forza Italia ha chiesto a Draghi e Mattarella un nuovo patto di maggioranza. Non avrebbe senso fidarsi ancora di Conte, l'uomo che in piena estate ha fatto brillare una bomba politica. Non si può governare sotto il ricatto dell'instabilità. La risposta non era quella sperata.

Il governo ha deciso di mettere la fiducia sulla risoluzione di Pieferdinando Casini, senatore del Pd, che di

fatto è una finzione: facciamo finta che non sia successo nulla. La risoluzione del centrodestra è stata ignorata, perché faceva i conti con la realtà. Diceva: qualcosa è successo.

A quel punto non c'è stato più nulla da fare.

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