Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni rientra dalla missione di Londra con un doppio risultato: l'apprezzamento verso il governo italiano da parte degli investitori della City e l'apertura di un fronte comune con la Francia in chiave anti-Berlino sulle modifiche delle regole europee al patto di stabilità.
Un successo certificato nelle analisi degli osservatori internazionali e riconosciuto dalla stampa estera. Nelle stesse ore però, in cui dall'Europa arrivano applausi all'esecutivo, in Italia Maurizio Landini, leader del primo sindacato italiano, alza il tiro scatenando una vera e propria guerriglia in vista della festa dei lavoratori del 1° maggio, giorno di Consiglio dei ministri preceduto stasera dall'incontro governo-sindacati.
Nemo propheta in patria. È il destino del governo Meloni: apprezzato in Europa e bombardato in Patria dal circuito micidiale di sindacati e sinistra radicale. Nella prima visita da premier a Downing Street Meloni porta a casa una dichiarazione d'intenti col primo ministro Rishi Sunak sull'immigrazione e una condivisione sulle ricette fiscali. Un debutto incoraggiante, che diventa un'ovazione al ricevimento all'ambasciata italiana nel Regno Uniti con 400 ospiti dell'alta finanza, tra imprenditori e banche d'affari. Il capo dell'esecutivo può mettere sul piatto del banchetto i dati: il Pil in crescita dello 0,5 rispetto al trimestre precedente, la ritrovata fiducia in Italia di imprese e famiglie. Dati diffusi, non dall'ufficio studi di Fdi ma dall'Istat. Un cambio di marcia a cui gli investitori della City guardano con grande interesse. E anche i più scettici devono ricredersi sulle politiche economiche del governo di destra. Eppure in Italia questo nuovo passo viene stritolato dalla polemica urlata di Landini che ieri ancora una volta attaccava: «Essere convocati la domenica sera per un provvedimento che hanno già deciso e che faranno il lunedì mattina non è quello che noi abbiamo chiesto da tempo, dopodiché valuteremo quello che concretamente verrà realizzato». E poi ancora il richiamo alla piazza da parte del capo del Cgil: «Valuteremo naturalmente quello che ci diranno. Vorrei ricordare a tutti che abbiamo in programma non solo il primo maggio ma anche tre grandi manifestazioni a maggio, a Bologna il 6, a Milano il 13 e a Napoli il 20, manifestazioni che vogliono mettere al centro la necessità di un cambiamento delle politiche economiche e sociali».
Una guerriglia che all'estero appare incomprensibile. Alla Cgil non va giù, forse, il colpo a sorpresa: il Consiglio dei ministri convocato per il primo maggio con tanta ciccia nel piatto: misure per i lavoratori, taglio del cuneo, semplificazione e sostegni alle famiglie. Una mossa che rovina la narrazione della sinistra. Da qui la reazione scomposta di Landini e company. Che ora cercano la rissa. Lo scontro.
Un altro colpo alle speranze della sinistra arriva da Parigi: Macron è sempre più orientato a rafforzare l'asse con Meloni in Europa sul dossier caldo che riguarda la modifica del patto di stabilità.
La lucidità e concretezza con cui il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e il presidente del Consiglio hanno posto il tema della riduzione ogni anno dello 0,5 del rapporto deficit/pil superiore al 3%, troppo sbilanciato in favore della Germania, ha sorpreso l'inquilino dell'Eliseo. Che ora appoggia la battaglia di Roma.
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