Salvo sorprese dell'ultima ora, non saranno i soldi privati a salvare il Monte dei Paschi ma quelli dello Stato. Almeno per ora. E stando alla girandola di voci filtrate ieri sull'esito della ricapitalizzazione della banca senese. L'istituto è riuscito a raccogliere complessivamente 2,2 miliardi dalla conversione dei bond subordinati chiusa ieri e allargata ai piccoli risparmiatori nonché al bond Fresh.
Un buon risultato ma ne mancano altri tre per arrivare ai cinque chiesti dalla Bce. Il fondo sovrano del Qatar, Qia, sul cui interesse si è scommesso per settimane è scomparso definitivamente dai radar. Manca all'appello dunque il cosiddetto anchor investor, ovvero un investitore di grossa taglia o una cordata di cavalieri danarosi che avrebbero potuto dare il contributo decisivo. Senza l'anchor anche una piccola pattuglia di fondi speculativi americani che, secondo quanto risulta al Giornale, sarebbero stati pronti a mettere sul piatto almeno 700 milioni, hanno abbandonato il tavolo.
Ergo: lo Stato, già azionista con il 4%, dovrà mettere i soldi mancanti. Non solo aderendo pro quota all'aumento (gli costerebbe solo 200 milioni) ma salendo ancora con un intervento più massiccio che farebbe scattare le regole Ue sul cosiddetto burden sharing (condivisione del rischio). Ovvero la conversione forzosa delle obbligazioni a un valore più basso rispetto a quello previsto dall'operazione conclusa ieri (fra l'85% e il 100% del valore) e quindi una perdita per gli obbligazionisti, evitando però il ben più gravoso bail in. In cambio del valore perso nella conversione forzosa dei bond subordinati, verrebbero date azioni Mps. Potrebbe essere messo in campo anche un meccanismo complesso in più fasi per evitare che la tutela dei piccoli risparmiatori venga vanificata dalla volatilità dei mercati. Si tratterebbe, di un ristoro più generoso rispetto a quello dei risparmiatori delle quattro banche (Etruria&C), che sono però in risoluzione. In quel caso furono assegnati rimborsi forfettari dell'80% dell'investimento a chi poteva dimostrare un reddito Isee inferiore a 35 mila euro e un patrimonio mobiliare non superiore a 100 mila euro. Nel caso di Mps si tratterebbe invece di un intervento precauzionale su una banca solvibile. Ci sarebbe così una «presunzione» di vendita scorretta sui bond senesi avvenuta in blocco nel 2008 per finanziare l'acquisto di Antonveneta, che comporterebbe quindi un trattamento, anche presso le autorità Ue, più morbido. Il ristoro sarà solo per il retail e non per gli investitori istituzionali.
Un altro segnale dell'intervento pubblico è stato la riunione di ieri mattina far i tecnici del Tesoro e i vertici del Monte. Nonché la presa di posizione del fondo Atlante, che «rimane disponibile a realizzare il piano di cartolarizzazione delle sofferenze», «anche qualora ci fosse un intervento dello Stato nel capitale».
Oggi pomeriggio verrà chiusa la finestra per sottoscrivere l'aumento di capitale varato lunedì scorso. Il cda che si è riunito anche ieri per fare il punto della situazione tonerà a vedersi per fare la conta delle adesioni, comunicare il bilancio definitivo e prendere le conseguenti decisioni. Tanto che già stasera, dopo la chiusura delle Borse, o al massimo domani mattina potrebbe riunirsi anche il Consiglio dei ministri straordinario per l'intervento da 20 miliardi a sostegno del sistema bancario.
Nel frattempo, il titolo Mps ha chiuso la seduta in Piazza Affari con un altro scivolone di quasi il 13%
a 16,30 euro. Negli ultimi sei mesi le azioni hanno lasciato sul terreno il 70% mentre l'attuale capitalizzazione è pari a poco più di 548 milioni, un decimo dei cinque miliardi chiesti al mercato. E non ancora raccolti.
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