Giuseppe Conte parla alla Camera dei Deputati del Mes sotto il fuoco incrociato di Lega e Fratelli d'Italia. Lo scontro èp furibondo, e il discorso del premier, più che spiegare, nel concreto, cosa significhi la riforma del Mes per l'Italia, quale sia il nodo da sciogliere, quale soprattutto sia stato il ruolo del governo e della sua persona (sia nel Conte uno che nel Conte bis), il presidente del Consiglio prova a semplicemente a difendere se steso dal processo. Ma è una difesa che rischia di crollare non tanto sotto i colpi dei partiti sovranisti, che accusano Conte di aver tradito il mandato del Parlamento, ma sotto le parole dello stesso premier. È Conte che sta affossando Conte, perché è il premier che sta smentendo stesso. E l'arringa dell'Avvocato del popolo rischia di trasformarsi in un vero e proprio fallimento per cui la condanna potrebbe arrivare da un momento all'altro.
La prova è data semplicemente da quello che sta accendo in questi istanti dopo che il premier ha detto che il governo non ha firmato nulla, ribadendo che la riforma del Mes sia ancora modificabile. Conte, però si dimentica non soltanto delle parole del suo ministro Roberto Gualtieri, che in audizione in commissione aveva proprio spiegato che non si potesse emendare quanto deciso dall'Eurogruppo, ma anche di quello che è stato detto dallo stesso presidente del Consiglio. Che prima dice che non è stato preso nessun accordo definitivo, poi dice che i ministri sapevano e si trovavano tutti d'accordo e adesso svela all'Italia il fatto che non ci sia nulla di deciso, che tutto è ancora possibile e che il parlamento potrà decidere.
Il problema però è che il Parlamento italiano, cui appartiene al sovranità nazionale, non ha avuto alcuna conoscenza di quanto stesse avvenendo nelle cancellerie europee. Anzi, la Lega, che il premier accusa di sapere ma di aver montato il caso, in realtà è stato uno dei pochissimi partiti a chiedere al governo Conte di riferire in Aula addiriturra quando lo stesso Carroccio era in maggioranza. I ministri dunque non potevano essere tutti consapevoli, perché almeno i leghisti si sarebero contraddetti da soli creando una situazione a dir poco incredibile.
Ma soprattutto, e questo è un altro nodo che Conte si è dimenticato di sciogliere sul Mes, non si comprende come sia possibile dire che si possa modificare un testo che le stesse fonti europee hanno detto di non avere intenzione di modificare né di poterlo fare. Tanto è vero che il documento pubblicato il 21 giugno dal Consiglio europeo proprio sulla revisione del trattato Mes parlano della più ampia convergenza tra governi sulle modifiche al Meccanismo europeo di stabilità.
Come questo testo, da inemendabile su cui è stata piena convergenza, sia diventato tutto a un tratto modificabile, è un mistero che improbabile conosce solo Conte. Ma per il governo i dubbi restano e le dichiarazioni del presidente del Consiglio, oggi, non aiutano a schiarire il cielo. Ed è abbastanza chiaro che chiunque andrà in Europa a trattare (per adesso il ministro Roberto Gualtieri) non potrà certamente presentarsi con le capacità di farlo. L'Europa si è già espressa, i governi hanno già trovato l'accordo. Conte lo sa, perché di questi negoziati ha fatto parte. Ma adesso, per timore che il uso governo cada non sotto la scure dell'opposizione ma sotto la scure della sua stessa incapacità di difendersi, il premier preferisce difendersi provando a spostare, l'attenzione o sulla Lega o sulle opposizioni. Perché sa che in Europa non ci sarà molto spazio di manovra.
Le fonti dell'Eurogruppo hanno parlato in modo chiarissimo. Ad Agi, una fonte accreditata ha spiegato, proprio in vista della riunione dei ministri delle Finanze, che "la riforma del Mes è già stata concordata e stiamo lavorando sulla legislazione sussidiaria". Anzi, la dichiarazione della fonte è estremamente netta ed è pronta a chiudere su qualsiasi riforma, visto che da Bruxelles ricordano anche come tutto quello che è stato deciso a giugno non oggetto di discussione. Insomma, Conte potrà alzare la voce, ma sarà non solo debole, ma soprattutto inutile. Doveva informare il Parlamento e non l'ha fatto. Doveva porre il veto, e non lo ha fatto.
Doveva tutelare la sovranità dall'attacco dei mercati, ma farà da scudo a una riforma che aiuta solo le banche tedesche e che imporrà al nostro Paese il rischio di ristrutturazioni del debito imposte dall'alto. L'arringa del premier per ora è servita a poco: il processo rischia di perderlo e la condanna, per l'"Avvocato del popolo" potrebbe essere molto pesante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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