Mes, governo nel vicolo cieco. Il "no" costa 600 milioni l'anno

Le alternative sono titoli di Stato cari o la patrimoniale. E le parole di Monti nel 2012 sconfessano Giuseppi

Mes, governo nel vicolo cieco. Il "no" costa 600 milioni l'anno

Faremo molto deficit, ma niente ricorso al Mes, ha assicurato ieri il viceministro dell'Economia Antonio Misiani. Confermata quindi l'intenzione di non utilizzare il Fondo Salva Stati nella nuova versione decisa dall'Eurogruppo. Un prestito senza condizioni, se non quella della destinazione delle risorse.

La novità è che questi finanziamenti saranno sostituiti da un rosso di bilancio ancora più pronunciato rispetto agli annunci. Deficit che non potrà che essere finanziato con l'emissione di titoli di debito pubblico italiani, che hanno a loro volta un costo, in termini di rendimenti da pagare.

Il dibattito sul Meccanismo europeo di stabilità nei giorni scorsi si è concentrato sulla primogenitura. Il premier Giuseppe Conte ha tirato in ballo il governo di centrodestra del 2011. Ieri Fratelli d'Italia ha pubblicato la relazione del ddl del 2012 che lo recepiva nel quale l'allora premier Mario Monti specificava come quello approvato «fosse in una nuova versione che supera quella sottoscritta l'11 luglio 2011 (che non è stata avviata a ratifica in nessun Paese dell'Eurozona)». Oggi, dopo l'Eurogruppo, Il Mes dovrebbe cambiare di nuovo, ma l'Italia non lo applicherà comunque.

Faremo ricorso «al programma della cassa integrazione europea, ai 200 miliardi della Bei e anche alle altre possibilità che l'Europa ha deciso in queste settimane», ha spiegato l'esponente Pd. Misiani ha quindi confermato l'adesione a due dei quattro strumenti che l'Ue ha messo in campo.

Risposte limitate in termini di risorse. Il sistema Sure di Ursula von der Leyen consiste in prestiti della Commissione agli Stati membri per finanziare gli ammortizzatori sociali. In tutto 100 miliardi da dividere tra gli Stati membri, raccolti con l'emissione di titoli emessi dalla stessa Ue. Una sorta di mini covid bond. Poi il sostegno della Bei alle imprese infine lo sblocco dei fondi europei, che potrebbe valere fino a 15 miliardi.

Difficile capire il «no» al Mes, visto che si tratta di uno strumento molto simile al Sure, ma centrato e condizionato all'utilizzo delle risorse per l'emergenza sanitaria, nel senso di cura e prevenzione. Uno strumento, forse poco potente, ma del tutto diverso dal vecchio meccanismo. «L'Eurogruppo ha sospeso il Mes e ha detto, quei soldi devono essere messi a disposizione di tutti per l'emergenza sanitaria. Per cui stare a discutere sul Fondo salva stati è inutile: è sospeso, non c'è più, è un dibattito solo italiano», ha commentato il presidente dell'Europarlamento David Sassoli, che è peraltro esponente dello stesso partito di Misiani e del ministro Roberto Gualtieri. Per una linea pragmatica anche Renato Brunetta di Forza Italia: «L'Italia ha messo nel Mes 14 miliardi di euro, ora prendiamoci i 36 che ci spettano. Non vorrei regalarli agli altri per ragioni di pregiudizio ideologico».

La scelta tra Mes e deficit può anche avere delle ripercussioni pesanti sui conti. «Il Mes costa molto meno rispetto ad emettere dei titoli di Stato per avere la stessa somma», spiega Maurizio Mazziero, fondatore di Mazziero Research. Dovendo quantificare il costo in termini di interessi che dovremo pagare in più «per dare un'idea, parificando il prestito del Mes a un Btp a 10 anni, potremmo pagare fino a 600 milioni all'anno di interessi». Sono 6 miliardi in dieci anni. Una somma che potrebbe servire a coprire parte della spesa per i presidi di sicurezza.

Anche perché il decreto di aprile (già in ritardo) sarà molto più costoso dei precedenti.

Per finanziarlo potrebbero servire operazioni creative come un prestito forzoso o la patrimoniale, un'idea che continua a circolare. Ipotesi tutte meno convenienti rispetto a un «sì», anche politicamente indigesto, al Mes.

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