"Per Messina Denaro consensi e coperture. Adorato dalla gente"

Il procuratore di Milano ed ex di Trapani: "C'è un atteggiamento sociale inaccettabile"

"Per Messina Denaro consensi e coperture. Adorato dalla gente"

«Senza fare particolari dietrologie - dice Marcello Viola - dubito che una latitanza possa durare trent'anni se non ci sono coperture anche di un certo livello. Non penso a Grandi vecchi" o roba del genere, ma che intorno a Messina Denaro ci fosse una rete di copertura importante sarebbe ingenuo non crederlo. Senza pensare ad apparati più o meno deviati, c'era una rete che partiva dal territorio e saliva a livelli più alti. Alla base di tutto c'erano i legami familiari e purtroppo zone ampie di consenso».

Viola oggi guida la Procura della Repubblica di Milano, ma in Sicilia è nato e ha lavorato fino a sei anni fa: giudice preliminare a Palermo per le inchieste di mafia dopo le stragi, poi procuratore a Trapani, nel regno di Matteo Messina Denaro. Ieri festeggia un arresto che è un successo epocale e «un debito pagato almeno in parte a chi in questi trent'anni ha pagato con la vita il suo impegno contro la mafia». Ma non rinuncia a confrontarsi con un tema delicato, il consenso che per decenni ha circondato e sostenuto la latitanza del boss.

Consenso è una parola impegnativa, Procuratore.

«Parliamo di una mafia diversa da Cosa Nostra palermitana. Sotto la guida di Messina Denaro la mafia trapanese è stata una mafia sanguinaria che ha sposato la linea stragista dei corleonesi, soprattutto nella componente di Alcamo, quella dei Messina Denaro e di Castelvetrano. Ma era una mafia diciamo più intelligente, con una visione strategica che evitava il ricorso a strumenti brutali dei palermitani, come le estorsioni a tappeto. A Palermo pagava il pizzo anche il circolo dei pensionati dello Zen. A Trapani questo non esisteva, Messina Denaro investiva sul territorio, creava benessere, distribuiva posti di lavoro infiltrandosi nelle imprese e poi appropriandosene. Era difficile che scegliesse linee di pressione massiccia che potessero creare malcontento nella gente. Io ricordo intercettazioni con espressioni che farebbero sorridere se non rivelassero drammaticamente un atteggiamento sociale inaccettabile. Matteo lo dobbiamo adorare", è la fonte di tutto il nostro bene", è la testa dell'acqua". Un riconoscimento che significa tutela della latitanza, si crea una rete di protezione che aiuta a capire come Messina Denaro sia sfuggito alla cattura così a lungo».

Intende dire che è sempre rimasto nella sua zona?

«Aveva i mezzi e i contatti per viaggiare, per andarsi a curare all'estero come è emerso da alcune fonti. Certo non è rimasto sempre nel Trapanese, aveva legami solidi con la mafia agrigentina, con i Gottadauro di Bagheria aveva rapporti familiari stretti, e una volta da quelle parti, a Santa Flavia, sfuggì alla cattura per un soffio: c'era il letto caldo, il televisore acceso, i cassetti aperti. Ma la base operativa di un capomafia resta sempre il suo territorio. La presenza fisica è importante, se resti lontano troppo a lungo perdi contatto con la realtà, con gli altri uomini d'onore, e alla fine perdi potere reale. La base dei suoi interessi deve essere sempre rimasta quella, e li doveva stare».

Quanto contava davvero? A differenza di Totò Riina non era il capo della Cupola, perché ci hanno spiegato che la Cupola non esiste più.

«Andiamoci piano. Premesso che manco dalla Sicilia da sei anni, e quindi le mie conoscenze dirette possono essere datate, non vorrei che la fine di un certo modello di organizzazione mafiosa porti a ritenere vinta la battaglia. Negli anni '80 Cosa Nostra era uno Stato con un governo, un parlamento, un esercito, certo. Ma la mafia ha la forza di rinascere sempre in forme diverse.

Non si faccia l'errore di pensare che siccome non esiste più un organismo collegiale come la Commissione o perché è stato preso l'ultimo esponente della stagione delle stragi, allora Cosa Nostra sia stata sconfitta. I Lo Piccolo, padre e figlio, avevano il progetto di riproporre la Cupola, poi furono catturati. Non so quali siano le strategie di oggi. Ma basta un passo indietro, basta allentare la pressione e Cosa Nostra riparte».

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