La vera lite tra Grillo e Conte: il tesoretto 5s di due milioni

Lo strappo tra il fondatore e l'ex premier come una separazione per dividersi la cassa. E il garante può contare sul tesoriere

La vera lite tra Grillo e Conte: il tesoretto 5s di due milioni
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Il cuore dello scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte è sulla cassa. Come in ogni «coppia» (che scoppia). La via d'uscita sarà un divorzio pagato a peso d'oro. Sul piatto c'è un tesoretto di circa 2 milioni di euro che ora rischia di finire al centro di una lunga battaglia legale. Da dove arriva il tesoretto custodito nella cassaforte dei pentastellati? Nell'anno 2023 l'associazione M5s ha incassato dal sistema del 2 per mille 1 milione 853.949. Soldi a cui vanno aggiunti i contributi elargiti da privati e parlamentari, sfiorando la cifra dei 2milioni di euro.

Soldi che servirebbero anche a pagare la consulenza di 300 mila euro a Grillo. Se le strade del comico e dell'avvocato si separano, come è ipotizzabile dopo il botta e risposta in vista dell'assemblea costituente fissata agli inizi di ottobre, a chi vanno quei 2milioni di euro? È questo il vero centro della guerra tra Grillo e Conte. Lo scontro su nome, simbolo e limite dei due mandati è il classico specchietto per le allodole. Un bluff per gettare fumo negli occhi agli attivisti. È sui «piccioli» che si sta consumando lo strappo grillino. L'ex premier parte favorito, anche se Grillo ha dalla sua il tesoriere Claudio Cominardi. Conte ha costruito un'impalcatura legale a proprio favore. I soldi del 2 per mille vanno a finire sul conto dell'associazione M5s (registrata nel 2017 alla vigilia delle elezioni politiche) di cui Conte è presidente e unico rappresentante legale. E dunque, spetterebbe in capo a lui il diritto di disporre e autorizzare l'uso dei 2milioni di euro. Grillo ha però due armi, che si prepara a usure nella battaglia legale: il nome e il tesoriere. Punto primo. Secondo i legali di Grillo - «il contributo è stato devoluto al partito M5s, il cui simbolo è ancora nelle disponibilità del comico e dunque avrebbe diritto a una parte di quei soldi. In quanto, la donazione non era diretta all'associazione ma al partito M5s». È un'interpretazione molto rischiosa, che potrebbe comunque trovare accoglimento al Tribunale. Soprattutto se Conte decidesse di cambiare nome, l'associazione dovrebbe rinunciare ai due milioni di euro, in quanto interviene una modifica del soggetto giuridico. L'altra arma, nelle mani del comico, è Cominardi, il tesoriere fedele a Grillo che avrebbe accesso ai conti dell'associazione e potrebbe intralciare le manovre di Conte. La guerra di carte bollate e colpi social sembra, dunque, all'inizio. E c'è la sensazione che il contenzioso si possa chiudere con un accordo economico che stia bene sia a Grillo che a Conte: una separazione consensuale pagata milioni di euro. D'altronde è la stessa soluzione che fu trovata dopo la rottura con Davide Casaleggio, titolare all'epoca dell'elenco degli iscritti del M5s. Nonostante sia chiaro come il cuore della questione siano i soldi, restano sul tavolo gli altri nodi da sciogliere: il doppio mandato e il simbolo. Sulla cancellazione al limite del doppio mandato c'è l'ex presidente della Camera Roberto Fico che spinge per ritornare in campo e provare la scalata alla Regione nel dopo De Luca. Mentre Danilo Toninelli, ex ministro con il dente avvelenato spara a zero: «Mi dispiace vedere che alcuni si nascondono dietro il voto degli iscritti per ottenere un terzo mandato. Preferirei che chi vuole un terzo mandato lo dichiarasse apertamente, piuttosto che nascondersi dietro tattiche opportunistiche». Questione simbolo: nome e simbolo sono di proprietà della nuova associazione (costituita nel 2017) di cui Conte è il rappresentante legale.

Ma il Tribunale di Genova e poi la Corte di Appello hanno assegnato a Grillo la facoltà di usarli. Ad oggi Grillo e Conte sarebbero entrambi titolari di simbolo e nome. Un fardello che l'avvocato vuole togliersi ma teme di perdere i 2milioni di euro.

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