Metamorfosi Salvini: nessun veto a Draghi. Ed evita polemiche sull'immigrazione

Svolta "dorotea" del leader del Carroccio dopo le consultazioni: "Preferisco poter contribuire su come spendere i 209 miliardi". Dietro la mossa, l'idea che insieme a Forza Italia possa incidere più del Pd

Metamorfosi Salvini: nessun veto a Draghi. Ed evita polemiche sull'immigrazione

«Oggi è Santa Dorotea» dice Matteo Salvini dopo le consultazioni con Mario Draghi, e devozioni a parte, riecco i dorotei, la corrente centrista della Dc meno rigida nella scelta degli alleati. Perché è chiaro che la questione qui non è certo il presidente del Consiglio incaricato, verso il quale il segretario della Lega mostra un'ammirazione quasi stupefatta, dopo «un confronto concreto e cordiale» durato mezz'ora. Semmai sarà il comportamento dei possibili compagni di squadra.

«Abbiamo rispetto per il professor Draghi, non mi permetto di mettere veti» dichiara Salvini spiazzando Leu che non vuole la Lega, i 5Stelle che si ritrovano in Parlamento malpancisti oscillanti tra i 30 e i 50, e soprattutto quella parte del Pd che vorrebbe dire no a Salvini ma non può, perché se lo fa si mette dalla parte del torto, come quei bambini antipatici che dicono «con lui non gioco» alle feste.

Questa dovrebbe essere la festa dell'unità nazionale chiesta dal Quirinale, così anche il Pd ostile al ministro del Papeete e delle frontiere chiuse si limita alle schermaglie, come fa Andrea Orlando che dice «Salvini è diventato europeista in 24 ore» o Enrico Borghi che esplicita: «Non cadiamo nella trappola di Salvini e andiamo avanti con il sostegno a Draghi».

Certo vedere l'uomo dei «pieni poteri» comportarsi come un mite pontiere («noi non poniamo veti, la Lega è a disposizione del Paese») non è cosa da tutti i giorni, e costringe la sinistra a riposizionarsi, anche perché dalla Lega fanno notare che «il centrodestra unito» può incidere ed è molto più pesante del Pd. Sarà stato il contagio della «linea della responsabilità» lanciata da Berlusconi. A Palazzo Madama, il luogo delle imboscate, la Lega ha 63 senatori, Forza Italia 52 e il Pd 35. La forza elettorale e parlamentare non è in discussione.

Ma Salvini sa che si gioca molto. Prima di tutto, come dice lui medesimo con lombardo pragmatismo, i 209 miliardi del Recovery fund, ovvero «la possibilità di contribuire a decidere come spenderli». Non è poco. E poi la credibilità istituzionale annebbiata nell'Ue e nei salotti chiave, che Draghi può restituirgli.

Così, per santa Dorotea, cita De Gasperi e de Gaulle, nelle critiche all'Europa si limita alla controversa direttiva Bolkestein sui servizi, si ammorbidisce anche sui temi più ostici, alleanze sovraniste e politica delle migrazioni: «Chiediamo che si seguano le regole europee, degli altri Paesi della Ue che desiderano tutelare le frontiere europee, come la Germania». E il processo Gregoretti autorizzato dai suoi futuri alleati di governo? «Potrei essere in maggioranza con qualcuno che mi ha votato contro, ma non è un buon motivo per cambiare idea». Tocca semmai alla sinistra dire quei no che he la Lega non vuole dire. Almeno per ora.

«L'impressione dell'incontro è molto positiva» dichiarano invece dal partito. Si è parlato delle Olimpiadi invernali, perché uno dei temi di maggiore sintonia - dice Salvini - è il «torniamo a vivere», eliminare le chiusure a oltranza che stanno causando depressione, e «riaprire tutto sia pur nella massima sicurezza». Così turismo, cantieri per la crescita, soldi alle imprese, no all'aumento delle tasse, no alla patrimoniale e semmai una pace fiscale. Ancora: investimenti in sanità e nel piano vaccinale, una green economy senza ideologia.

Per entrare nel vivo (di eventuali ministri) bisognerà aspettare il secondo giro di consultazioni, previsto per martedì prossimo, ma la partenza è stata liscia come l'olio.

«La nostra idea dell'Italia per alcuni aspetti coincide» una delle prime frasi pronunciate da Salvini dopo il confronto intorno al tavolo di Montecitorio lunghissimo in cui lui e i capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, hanno visto Draghi. Non la prima frase, che invece è stata: «Ma dove sono le nostre giacche? Io ho dentro il portafoglio...».

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