Il "metodo Davigo" e il suicidio di Cagliari. Sgarbi assolto dopo la querela dell'ex pm

Il tribunale di Bologna: critiche feroci e aspre ma legittime, non c'è reato

Il "metodo Davigo" e il suicidio di Cagliari. Sgarbi assolto dopo la querela dell'ex pm

Sgarbi vs capre. Già il titolo della rubrica non prometteva niente di buono, eppure per il Tribunale di Bologna, quell'articolo scritto da Vittorio Sbarbi il 10 marzo 2017 sul sito web «Quotidiano.net» non conteneva niente di male: assolto dal reato di diffamazione contro Piercamillo Davigo, il «Dottor Sottile» di Mani Pulite, perché il fatto non sussiste.

Si è chiuso ieri a favore di Sgarbi dunque il primo match innescato da una sequenza di quattro querele presentate dal magistrato relative ad altrettante versioni on line e cartacee dello stesso articolo. «Ieri il verdetto che mi ha dato ragione. Sono molto sollevato», ha raccontato soddisfatto Vittorio Sgarbi che ormai ha perso il conto di quante volte ha dovuto rispondere sul reato di diffamazione. In mezzo c'è ancora una volta il tema delle carcerazioni preventive, gli anni di Tangentopoli, l'ingegner Cagliari e il suicidio dopo 134 giorni passati in carcere a San Vittore; un metodo che ha creato dibattiti e fratture mai ricomposte, a distanza di oltre vent'anni. «Prima di scrivere l'articolo - ha spiegato Sgarbi - avevo visto, il giorno prima, la trasmissione su Rai3 Agorà nella quale Davigo affermava: Non ho mai riconosciuto alcun eccesso nell'uso della misura cautelare in Tangentopoli. Se abbiamo esagerato, è stato con le scarcerazioni; e ancora Non ce ne doveva essere uno a piede libero perché questi erano vent'anni che facevano così». Parole pesanti che diventano macigni se ad ascoltarli dall'altra parte c'è qualcuno come Sgarbi che quel metodo utilizzato dal pool di Milano lo ha sempre criticato. L'impulso è subito quello di scrivere, e lo fa il giorno dopo nella rubrica Sgarbi vs capre.

Riprende le parole strazianti di Gabriele Cagliari dal carcere ai familiari prima di suicidarsi nel 1993, e scrive «Piercamillo Davigo ora, con disgustoso cinismo, si assume la responsabilità di quel crimine non riconoscendo eccessi nell'uso della misura cautelare, se non nelle scarcerazioni (sic!), Cagliari se lo erano dimenticato. Come mi disse, all'epoca, il gip di Mani Pulite, Italo Ghitti, il vero reato di quei magistrati è di corruzione di immagine». L'ex pm ormai in pensione non ci sta e querela, anche perché in quella storia lui non c'entra direttamente, (il sostituto procuratore era Fabio De Pasquale). «Eppure Davigo si è attribuito la paternità di quel metodo - risponde Sgarbi - io mi sono limitato a riprendere un fatto vero che il magistrato aveva asserito, cioè di non avere mai riconosciuto eccessi nell'impiego delle misure cautelari, se non nelle scarcerazioni.

Perciò, ho replicato, in senso critico e motivatamente polemico che rilasciando tali dichiarazioni si era anche assunto la responsabilità per il suicidio dell'Ing Cagliari, ristretto in via cautelare negli anni di Tangentopoli». Insomma una legittima critica, alla Sgarbi appunto, «feroce ed aspra» ma per il Tribunale non c'è reato.

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