I palestinesi di Hamas e della Jihad islamica hanno lanciato 2mila razzi su Israele, solo nei primi quattro giorni di guerra.
Il loro arsenale a Gaza avrebbe 30mila missili che possono colpire tutto il territorio dello Stato ebraico, con una gittata che può arrivare fino a 250 chilometri. Razzi, seppure imprecisi, sono stati lanciati verso la centrale nucleare di Dimona e l'aeroporto di Eilat, nel punto più a sud di Israele, che si affaccia sul Mar Rosso. Yahya Sinwar, leader di Hamas a Gaza, aveva dichiarato pubblicamente nel 2019 che «senza l'appoggio iraniano non avremmo mai avuto queste capacità belliche». Esperti e tecnologia della brigata Al Quds, nome arabo di Gerusalemme, hanno reso possibile la produzione missilistica a Gaza, in fabbriche sotterranee o zone altamente abitate che gli israeliani sono restati a bombardare per il rischio di fare strage di civili. Lo stratega del super-arsenale, come quello di Hezbollah in Libano, è stato il generale Qasem Soleimani ucciso da un drone americano il 3 gennaio dello scorso anno a Baghdad.
L'obiettivo cruciale israeliano è smantellare la cosiddetta rete «metropolitana» di Hamas, un groviglio di tunnel, fabbriche e comandi sotterranei che permettono ai miliziani palestinesi di muoversi lungo la Striscia anche per lanciare i missili.
Non è un caso che la notte di giovedì Tsahal, l'esercito israeliano, abbia lanciato un'abile operazione di guerra psicologica facendo credere ai media che sarebbe scattato l'attacco terrestre grazie a truppe e carri armati ammassati al confine di Gaza e un ambiguo tweet. I combattenti palestinesi ed i loro capi si sono rifugiati nella rete «metropolitana» pronti a resistere all'assalto. Una trappola: gli israeliani hanno lanciato un'offensiva aerea e di artiglieria con 450 missili e bombe in 40 minuti per colpire 150 obiettivi della rete sotterranea danneggiandola sensibilmente e uccidendo centinaia di miliziani.
La «rete», però, è talmente vasta e protetta, che continuerà a produrre l'arsenale sotto terra, grazie a tecnologia ed esperti iraniani, come i droni armati lanciati negli ultimi giorni contro Israele. Gaza è sottoposta a un blocco totale e anche i tunnel del contrabbando dall'Egitto sono quasi del tutto chiusi. Per potenziare l'arsenale bellico i palestinesi hanno utilizzato pure le testate degli ordini israeliani inesplosi ed il fertilizzante dell'agricoltura. Non solo: le tubature delle reti di irrigazione abbandonate dai vecchi insediamenti ebraici sono state riciclate per i vettori dei razzi. Così Hamas e gli altri gruppi estremisti sono riusciti a lanciare su Israele 470 razzi nelle prime ventiquattro ore di guerra rispetto ai 192 dell'ultimo scontro nel 2014.
Gran parte dell'arsenale è composto dai famosi missili Qassam, il nome dell'ala militare di Hamas, con un gittata ridotta di 10 chilometri. Grazie a tecnologia iraniana e russa i miliziani sono riusciti a produrre razzi che colpiscono obiettivi a 40-50 chilometri. La versione a lunga gittata come l'M-75 e il J-80 sono in grado di arrivare fino a Gerusalemme e l'aeroporto Ben Gurion. Il J-80 è stato battezzato Ahmed al-Jabari dal nome di un leggendario comandante di Hamas neutralizzato da un attacco aereo mirato israeliano nel 2012. Giovedì il gruppo oltranzista ha annunciato di avere un missile con una gittata di 220 chilometri, «che può colpire ovunque» sul territorio ebraico.
Difficile che un arsenale del genere sia stato messo in piedi in casa senza forniture clandestine di tecnologia, come i sistemi di guida, contrabbandate nella Striscia. Ieri gli F-16 israeliani hanno bombardato i porti di di Gaza e Khan Younis.
I Guardiani della rivoluzione iraniana potrebbero aver trovato il modo di penetrare il blocco navale israeliano con mezzi subacquei per infiltrare tecnologia, uomini e forse esplosivo. Prima della guerra il capo di Hamas a Gaza aveva annunciato: «Abbiamo abbastanza materiale per assemblare razzi nei prossimi dieci anni».
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