Migranti, metà Ue vuole il modello Albania

La richiesta di 15 Paesi europei a Bruxelles. Palazzo Chigi: "Cambio di passo impresso da noi"

Migranti, metà Ue vuole il modello Albania
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Oltre all'Italia altri quattordici paesi europei (su ventisette membri) chiedono di adottare il modello Albania per gestire i flussi di migranti in Europa. In una lettera indirizzata alla commissaria Ue agli Affari Interni e alle Migrazioni, Ylva Johansson, i ministri dell'Interno di Austria, Paesi Bassi, Malta, Grecia, Polonia, Danimarca e altri otto paesi propongono di replicare ed estendere l'accordo sottoscritto tra la Meloni e il premier albanese Edi Rama. Il protocollo, ratificato dal Parlamento italiano, prevede la creazione di due centri in Albania, uno per la prima accoglienza e l'altro con funzioni di Hotspot e centro di permanenza e rimpatrio, con l'obiettivo di ridurre la pressione degli sbarchi di immigrati irregolari in Italia. Un accordo che l'opposizione ha attaccato duramente, «un'inutile deportazione di massa che costerà milioni» ha detto il leader 5s Giuseppe Conte, «è in aperta violazione delle norme di diritto internazionale e della Costituzione» secondo la segretaria Pd Elly Schlein. Giudizio evidentemente opposto a quello di altri 14 paesi europei che al contrario sollecitano Bruxelles ad andare nella stessa direzione dell'Italia, individuando quindi «luoghi sicuri predeterminati al di fuori dell'Ue dove si potrebbero trovare soluzioni durature per questi migranti, anche basandosi su modelli come il protocollo Italia-Albania». Anche la politica italiana di accordi con i paesi di partenza, Tunisia e Libia, viene indicata come la strada da seguire dagli altri 14 governi. «L'Ue e i suoi Stati membri dovrebbero rafforzare il loro contributo a partenariati equi, costruttivi e ampi con i Paesi chiave, in particolare lungo le rotte migratorie, spostando la nostra attenzione dalla gestione della migrazione irregolare in Europa al sostegno ai rifugiati e alle comunità ospitanti nelle regioni di origine, Incoraggiamo la creazione di accordi globali, reciprocamente vantaggiosi e partenariati duraturi con i principali Paesi partner lungo le rotte migratorie. Tali partenariati sono essenziali non solo per gestire i movimenti migratori irregolari verso l'Europa, ma anche per offrire ai migranti un'alternativa al mettere a rischio la propria vita in viaggi pericolosi». Da di Palazzo Chigi la lettera viene descritta come la prova del «cambio di passo impresso dal governo italiano al dibattito migratorio a livello Ue», dal momento che «si insiste infatti su elementi chiave dell'approccio italiano, a partire dalla necessità di rafforzare il contrasto alle reti di trafficanti di esseri umani così come di investire in partenariati paritari e di lungo periodo con le Nazioni di origine e transito, in linea con il forte investimento politico italiano nel favorire le intese di collaborazione tra Ue con Tunisia e Egitto», e poi appunto l'accordo con l'Albania preso a modello dagli altri. Un approccio a lungo termine, che però inizia a dare i suoi frutti come confermato dagli ultimi dati Frontex citati dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi durante il question time al Senato: «Dall'inizio dell'anno sono giunti sulle nostre coste 18.435 migranti a fronte dei 45.507 dello scorso anno, con una diminuzione pari a circa il 60 per cento.

Ciò si deve, innanzitutto, sul versante internazionale, al nuovo impulso impresso alle iniziative di collaborazione con i paesi di origine e di transito dei flussi migratori». Pochi giorni fa Piantedosi ha incontrato i ministri degli interni di Algeria, Libia e Tunisia per coordinare gli sforzi nella frontiere del Sahel e rafforzare la stategia dei rimpatri.

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