Migranti, il vero bavaglio è sui centri di accoglienza

A Salerno vietate le riprese. Ma sono le istituzioni a tacere su contratti e gestori delle strutture

Migranti, il vero bavaglio è sui centri di accoglienza

Giornalisti blindati in un'improvvisata sala stampa al porto di Salerno durante lo sbarco dei migranti della Geo Barents ieri a Salerno. Così ha deciso il Prefetto della città, vietando foto e video con la scusa - sembrerebbe - della presenza di minori. Una censura incomprensibile, ha ribattuto il presidente dell'Ordine dei giornalisti, invocando «gli organi di governo a tutelare la libertà di stampa».

In realtà, il bavaglio che il Prefetto di Salerno ha messo ieri, è lo stesso che da anni le istituzioni competenti sembrerebbero aver messo sul tema immigrazione. Per legge, infatti, le 106 prefetture italiane dovrebbero mettere a disposizione - e quindi pubblicare - la documentazione dettagliata di chi gestisce tutti i centri di accoglienza in Italia, con relativi movimenti economici. Allo stesso tempo, il ministro dell'Interno dovrebbe entro il 30 giugno di ogni anno presentare al Parlamento una relazione annuale specifica sul tema, cosa disattesa fino al 2021.

A testimoniare queste mancanze sono anche ActionAid e Openopolis, organizzazioni mondiali con l'obiettivo di monitorare il sistema di accoglienza migranti.

In un dossier da loro redatto affermano infatti di aver «presentato richieste di accesso agli atti a tutte le prefetture sull'intero territorio nazionale per poi rivolgerci, in un secondo momento e a fronte della scoperta dell'esistenza di un sistema centralizzato, SGA, al solo ministero dell'Interno». Si evince, quindi, che la competenza in materia di trasparenza è slittata dalle prefetture - che decidono in autonomia a chi affidare i migranti - al solo ministero.

«Le richieste ci hanno portato di fronte al Tar del Lazio - continua il dossier - e nella primavera del 2020 ci è stato riconosciuto il diritto ad ottenere informazioni dettagliate». Ciò che risulterebbe impenetrabile sono quei dati riguardanti la capienza dei centri, la tipologia degli ospiti, la natura e la denominazione dei gestori ma anche gli importi dei contratti di assegnazione.

Nonostante questo però, un dietrofront del Tar, insieme al Consiglio di Stato ha evitato questa procedura, che dovrebbe essere legittima. «Ci hanno poi negato l'accesso alle partite Iva e ai codici fiscali (delle cooperative che gestiscono i migranti, ndr), dati che ci avrebbero permesso di ottenere una fotografia più dettagliata», conclude ActionAid.

Impossibile quindi identificare in modo preciso i soggetti operanti sul territorio, tanto che sul sito del ministero dell'Interno - nella pagina dedicata - sono indicati solo i luoghi dove sono presenti i centri d'accoglienza, senza far riferimento a chi se ne occupa. Allo stesso modo, nell'ultimo dossier redatto dal Senato non è nominata nessuna associazione o cooperativa sul campo, tanto che verrebbe da chiedersi in che modo - non avendo informazioni precise - il Parlamento voti gli stanziamenti destinati all'accoglienza.

Il ministero, dalla sua, ha affermato che «la diffusione di queste informazioni lederebbe

l'interesse pubblico alla riservatezza e al buon esito delle ispezioni future». Una giustificazione che sembrerebbe debole di fronte alle grandi speculazioni che hanno fatto da sfondo negli ultimi anni al «business dei migranti».

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