Finchè a Milano i casi di Covid restano sotto quota cento, nessun problema. Nel momento in cui dovessero aumentare allora sarebbero guai e diventerebbe quasi impossibile circoscrivere i focolai. A mettere in guardia dal pericolo di collasso del sistema controlli è Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell'Ats di Milano, intervenuto a un confronto online promosso dai sindacati Cgil, Cisl e Uil di Milano sul tema «Quale sanità a Milano dopo Covid-19?».
A sentire le sue parole preoccupano ancora di più i dati dei giorni scorsi, soprattutto quando si sono contati 112 casi. A ricalibrare la situazione i dati dell'altro ieri (51) e di ieri (27 a Milano città e una ventina nell'hinterland). Ora il rischio in aumento per l'apertura delle scuole.
«A Milano per noi è particolarmente importante che si mantenga alta l'attenzione sui comportamenti individuali che hanno rallentato la crescita di Covid-19 - spiega De Micheli -. Perché la capacità di circoscrivere rapidamente i focolai ha un limite numerico. Finché stiamo sotto 100 casi al giorno - il che vuol dire circa un migliaio di persone da coinvolgere, tra interviste, contatti personali e di lavoro, e così via - il sistema non accumula ritardi. Se si va oltre questo, la nostra capacità di reazione si indebolisce. Seppur molto aumentata rispetto al passato, questa capacità andrà in crisi se i casi aumenteranno molto». L'Ats sta pensando a varie mosse da mettere in atto per prepararsi alla ripresa autunnale. Quello che si vede dalla curva epidemica di Milano «è che, man mano che le attività ordinarie, lavorative, ricreative riprendono, man mano che la vita riprende regolarità, anche i contagi riprendono fiato. Nessuno sa fare delle previsioni e tutti ci auguriamo che la ripresa del contagio che stiamo vedendo non porti a un'esplosione. Non ci sono le premesse logiche, però questa pandemia ci ha riservato talmente tante sorprese che nessuno è in grado di fare previsioni». La vera incognita è la ripresa delle scuole. Milano nelle prossime due settimane si gioca i numeri e le sori per tutto l'autunno. Al «primo giro» di contagi tutto sommato è riuscita a mitigare l'impatto dell'infezione, che avrebbe potuto essere largamente più grave, stavolta deve fare molta attenzione a non sottovalutare il pericolo.
«Va mantenuta alta l'attenzione - ribadisce De Micheli - La lettura della fase 1 ci dice che, con il lockdown prima e l'adozione di cautele poi, Milano è stata relativamente risparmiata in termini di contagio. Segno che è possibile riuscirci e che i comportamenti individuali sono importanti».
C'è da dire che ora nessuno si fa cogliere impreparato e le istituzioni hanno imparato a fare squadra e a muoversi velocemente, correggendo gli errori fati tra febbraio e marzo.
Resta tuttavia ancora il nodo tamponi. Ovviamente per far fronte alla catena di contagi serve una capacità diagnostica «da guerra». «Siamo migliorati - spiega De Micheli - Riusciamo a fare i tamponi in poche ore. Però non riusciamo ancora a comunicare l'esito altrettanto velocemente. Mi auguro comunque che la capacità di fare test aumenti sempre di più».
Il rientro dalle vacanze è stato emblematico: «Solo per la zona di Milano ha coinvolto più di 40mila persone che in teoria avrebbero dovuto avere risposte nel giro di 48 ore. Ma anche in questo caso non era mai stato fatto di sottoporre a tampone entro 48 ore tutti i viaggiatori che provenivano da particolari mete. Si è dunque cercato di porre rimedio».
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