La minaccia Hohenzollern: "Berlino ci risarcisca o svuotiamo i suoi musei"

L'ex famiglia imperiale di Prussia e Germania contesta l'esproprio dei suoi beni dell'allora Ddr

La minaccia Hohenzollern: "Berlino ci risarcisca o svuotiamo i suoi musei"

Gli Hohenzollern potrebbero riprendersi tutto: terre, castelli e beni artistici oggi esposti nei musei di Berlino e del Brandeburgo. La minaccia non è un'ipotesi di scuola ma è stata messa nero su bianco da Jürgen Aretz, storico tedesco di scuola cattolica e già sottosegretario alla Cultura in forze alla Cdu nella piccola Turingia. Autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche di tema storico, Aretz ha riaperto una vecchia ferita in Germania con una lettera aperta indirizzata alle ministre delle Finanze e della Cultura del Brandeburgo, rispettivamente Katrin Lange e Manja Schüle, pubblicata dal berlinese Tagesspiegel.

«La storia della Prussia ha scritto non si estende solo ai confini degli odierni Länder di Brandeburgo e Berlino». Lo storico ha evidenziato come «senza dubbio», i beni già appartenuti alla casa imperiale degli Hohenzollern, oggi parte delle collezioni pubbliche dei Länder federali Berlino e Brandeburgo possano essere esposti «anche al di fuori» dei loro confini «in una cornice appropriata». Una minaccia da far tremare i polsi ai presidenti dei due Länder e, a scendere, ai responsabili dei musei e poi degli aeroporti, degli albergatori e di tutto l'indotto del turismo nella capitale tedesca. Quella di Aretz non è un'iniziativa personale: lo storico parla a nome della casa di Hohenzollern, oggi guidata dal principe Giorgio Federico di Prussia, discendente diretto dell'ultimo imperatore tedesco, il kaiser Guglielmo II. Il pretendente al trono dell'Impero tedesco ha un lungo contenzioso con le autorità della Repubblica federale tedesca, che sembra aver preso sul serio la minaccia del principe nato nel 1976.

Il contenzioso è figlio a sua volta della divisione della Germania a seguito della Seconda guerra mondiale. Perché gli Hohenzollern e la Repubblica di Weimar avevano già trovato un accordo nel lontano 1926, stabilendo quali beni mobili e immobili sarebbero restati nelle mani della dinastia che aveva unificato la Germania, quali sarebbero diventati di proprietà dello Stato e quali pur formalmente di proprietà dell'ex casa reale sarebbero stati «prestati» per sempre al governo di Weimar e ai suoi musei. L'avvento della Ddr nel 1949 rimette tutto in discussione: il regime socialista governa su Berlino e sul Brandeburgo, che stanno agli Hohenzollern come Torino e il Piemonte stanno ai Savoia, castelli, terreni e beni mobili dell'antica casata prussiana sono nazionalizzati e messi a disposizione del popolo. La questione è rimasta congelata per 45 anni ma il crollo della Ddr e l'avvento della Repubblica federale fa ripartire una storia mai conclusa. Nel 1994 il Bundestag approva una legge per concedere ai cittadini il diritto di reclamare i beni sequestrati durante l'occupazione sovietica della Germania orientale: in questa categoria ricadono anche gli Hohenzollern. Dalla restituzione o dal risarcimento sono però esclusi coloro che abbiano «aiutato sostanzialmente» il regime nazista. Il caveat non aiuta la casa reale e imperiale che, al pari di larga parte dell'aristocrazia tedesca, si era macchiata di intelligenza con i nazisti: non tanto per tornare sui troni persi per sempre ma per recuperare soprattutto le terre nazionalizzate dal governo di Weimar e per fermare l'avanzata dei comunisti. Fra i più entusiasti sostenitori del regime hitleriano troviamo Guglielmo di Prussia, figlio primogenito del kaiser Guglielmo II. Immortalato mentre con la svastica al braccio saluta un convoglio delle SA nel 1933, l'erede dell'imperatore è il bisnonno di quel Giorgio Federico che oggi si mette di traverso ai musei berlinesi e che reclama la proprietà del Castello di Cecilienhof a Potsdam (in Brandeburgo), versione berlinese di Versailles. Clemente, nella sua lettera Aretz ha ribadito la disponibilità degli Hohenzollern a negoziare un acordo amichevole con i governo di Berlino e del Brandeburgo. Sullo sfondo, rimane la questione dei risarcimenti chiesti dall'ex casa reale e imperiale per i beni di cui è stata espropriata al termine della seconda guerra mondiale, in quella che allora era la zona di occupazione sovietica in Germania. Il governo federale, così come quelli dei due Länder interessati, si oppongono tanto alla restituzione dei beni quanto ai risarcimenti.

Ma lasciare la decisione nelle mani un giudice appare troppo rischioso: è vero che nel 2019 un tribunale ha respinto le richiesta di Giorgio Federico di entrare in possesso del Castello di Rheinfels sul Reno, ma se altri giudici dovessero dargli ragione, le collezioni di tanti musei della capitale tedesca o di Potsdam rischierebbero di essere decimate. Un rischio troppo grande, da evitare come la peste dopo l'anno nero del turismo globale causato dalla pandemia da coronavirus.

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