Minareti, botteghe e patrimoni Unesco. Crolla il luogo simbolo del sogno e della fuga

Minareti, botteghe e patrimoni Unesco. Crolla il luogo simbolo del sogno e della fuga
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Un terremoto che spiana la realtà ma anche un luogo dell'immaginario. Un terremoto nel luogo dei sogni. Morte vera, migliaia di vittime, nella terra del sogno arabo di molti europei. Marrakech con le antiche mura devastate dalle scosse è la città d'ocra, la perla della dinastia Almoravide prima e della dinastia Sa'diana poi. Dal grande minareto della moschea Koutoubia, la moschea dei «librai», si sono alzate nuvole di polvere. Con i suoi sessantanove metri è il tetto della città, ma anche il simbolo più noto dell'architettura almohade. Il richiamo ai librai che è nel suo nome risale al suq che un tempo la circondava. Nel tollerante islam del dodicesimo secolo in quel luogo si vendevano libri, si andava per farsi scrivere le lettere. Ora è un capolavoro artistico assoluto su cui si dovrà ragionare per capire come contenere il danno. Archi intrecciati (sebka), rilievi, stucchi, pitture, maioliche verdi e azzurre. Tutto in bilico.

Ma la storia a Marrakech non è una storia morta solo monumentale, l'antica medina della città, che è patrimonio dell'Unesco, con i suoi vicoli e le sue case in arenaria era tutta un fiorire di botteghe e negozi. Ora ci si aggira per i vicoli pieni di calcinacci, senza luce ed elettricità.

Un disastro in un luogo che ha stregato moltissimi intellettuali ed artisti, anche occidentali. Elias Canetti, il grande genio della sociologia delle masse, soggiornò a Marrakech, nel 1954. Il grande lavoro su Massa e potere era giunto a un momento di stasi e lo scrittore sentiva il bisogno di nuove voci, di voci incomprensibili, come quelle che lo avvolsero nella splendida città marocchina. Vagando per i suk, per le strette vie, per i mercati e le piazze, fra cammelli, mendicanti, donne velate, cantastorie, farabutti, Canetti captava forme e suoni: «gli altri, la gente che ha sempre vissuto là e che non capivo, erano per me come me stesso». Il risultato è un piccolo gioiello della letteratura: Le voci di Marrakech (Adelphi). Quanto dolore ci sia in quelle voci oggi non è immaginabile.

E il rapporto lunghissimo di Yves Saint-Laurent con la città? Era il suo rifugio, il suo luogo di pace e bellezza. Un rapporto che culminò nell'acquisto dei Jardin Majorelle che prendono il nome dal pittore orientalista francese Jacques Majorelle. Nel 1980 acquistarono la proprietà, restaurarono la villa, un vero luogo delle meraviglie.

Come è un luogo delle meraviglie visitato anche da migliaia di italiani la grande piazza Jemaa el-Fnaa. Sede di un mercato all'aperto è uno dei luoghi più vitali di tutto il Nord Africa. Chi l'ha vista non può dimenticarla ed è il cuore di libri e romanzi come Il cantastorie di Marrakech di Joydeep Roy-Bhattacharya.

Nella notte di ieri la piazza, dove è crollato il minareto di una piccola moschea vicino allo storico «Café de France», è diventata un rifugio, come molte altre in città, per chi voleva dormire lontano dalle case. Tragica ironia il nome della piazza è antichissimo e misterioso. Letteralmente dall'arabo potrebbe essere tradotto come: «La moschea del nulla». Quasi una premonizione inquietante.

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