Nei giorni in cui scatta l'allarme per possibili scommesse speculative sui titoli di Stato italiani, il centrosinistra getta benzina sul fuoco. Prima Enrico Letta evoca il rischio bancarotta del 2011 poi Luigi Di Maio da ministro degli Esteri in carica afferma che «con le proposte economiche del centrodestra c'è il rischio default». Prese di posizione che Giulio Terzi di Sant'Agata - già ministro degli Esteri, ambasciatore in Israele e negli Stati Uniti e oggi candidato con Fratelli d'Italia - condanna duramente. «Non è un modo edificante di fare politica. Si può fare polemica su tutto, ma non si può scherzare sulla finanza pubblica».
Ambasciatore Terzi che cosa pensa delle dichiarazioni di Di Maio sul rischio di una «guerra economica» in caso di vittoria del centrodestra e sul rischio che «Salvini ci porti in braccio a Putin»?
«Come ha scritto il Financial Times, ci sono speculazioni già in atto con investimenti in 39 miliardi di euro in operazioni short al ribasso sui nostri titoli di Stato».
Quali rischi vede all'orizzonte?
«Si rischia soprattutto di fornire materiale infiammabile agli incendiari della finanza. Le informazioni che vengono date ad alcuni grossi investitori sui titoli di Stato italiani sono dettate anche dalle valutazioni del mondo politico, oltre a quelle di società di consulenza - in notevole misura appartenenti a un'area non di centrodestra - che alzano la percezione del rischio sull'investimento finanziario in Italia».
Quale tipo di comunicazione bisognerebbe adottare?
«Alcuni fondi non aspettano altro che dichiarazioni irresponsabili da cavalcare per trascinare a fondo il Paese e creare colossali occasioni di guadagno. I politici che si prestano ad avvallare queste operazioni si assumono una grande responsabilità. Bisognerebbe rimarcare che siamo parte di un sistema monetario, quello dell'euro, che costituisce una rete di sicurezza e mettere in luce che chi scommette contro l'Italia rischia seriamente di scottarsi».
Come nasce la sua candidatura con Fratelli d'Italia?
«Il mio cammino inizia nel 2014, con Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa, i fondatori. Quello che mi ha appassionato è la coerenza e concretezza del partito. Sono grato al presidente Meloni perché mi ha candidato a Bergamo-Brescia. Il mio senso di identità mi lega a questa regione dai valori forti, penso alla solidarietà, al lavoro degli alpini, all'ospedale di Bergamo... Quando ero a Washington o in Israele ho sempre cercato di tornare nelle valli bergamasche appena potevo».
Lei rappresenta un elemento di garanzia per la collocazione atlantica del centrodestra?
«Non ce n'è bisogno. Il programma del centrodestra ha come incipit la collocazione euroatlantica dell'Italia, l'adesione ai valori fondanti dell'Unione, il diritto alla libertà dell'Ucraina. È questa la pietra angolare del programma di centrodestra. Giorgia Meloni poi ha avuto posizioni chiarissime sui grandi temi che l'hanno portata a guidare un grande gruppo del Parlamento europeo come quello dei Conservatori europei».
Nelle cancellerie internazionali c'è curiosità verso Giorgia Meloni?
«Ci sono continue richieste di incontro da parte dei rappresentanti diplomatici dei principali Paesi che apprezzano e riconoscono il ruolo della leader di Fdi. C'è la percezione che vada incontro a un ruolo sempre più significativo».
Si va verso un autunno caldissimo sul fronte della bolletta energetica. Che cosa si può fare?
«Innanzitutto dalle bollette del gas vanno scorporati i costi dell'energia idroelettrica, solare ed eolica. Bisogna poi lavorare sul sovrapprezzo di cui alcuni hanno beneficiato utilizzando gli stock precedenti. È chiaro che serve un sostegno di finanza pubblica agli utenti. Ma bisogna lavorare soprattutto sulla differenziazione. L'accordo trilaterale tra Italia, Grecia e Albania sul Tap nel 2012 ha prodotto eccezionali risultati e continuerà a farlo».
La questione energetica si collega all'aggressione dell'Ucraina. Esisteancora possibilità di un dialogo con Mosca?
«Quanto sta accadendo dimostra in modo tragico che l'energia può essere utilizzata come un'arma. Non possiamo sottostare a un fornitore monopolista che non appartiene alle democrazie liberali, anzi punta alla loro destabilizzazione. È un tema su cui non possono esserci sfumature: il gas russo non deve essere più un elemento significativo del consumo di energia in Europa. L'Italia ha fatto passi in avanti, da 40 siamo passati a 18 miliardi di metri cubi all'anno.
Il dialogo è assolutamente necessario ma non a tutti i costi. Ci si può sedere al tavolo solo se c'è una volontà politica e una buona fede che chi partecipa può esprimere. E chiarendo che il sostegno alla causa della libertà dell'Ucraina non è in discussione».
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