Il miraggio di Calenda con gli americani: "Io al posto di Salvini"

Il leader di Azione all'ambasciata Usa in Italia: "Prendo il 7% e governo". Ma non ha i numeri

Il miraggio di Calenda con gli americani: "Io al posto di Salvini"
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«Alle Europee prendo il 7% e a gennaio 2025 entro nel governo Meloni al posto di Matteo Salvini». È un Carlo Calenda spavaldo, in versione pariolina, quello che illustra, in una colazione riservata all'ambasciata Usa in Italia, l'orizzonte politico di Azione. «Ma ti pare che io possa fare un'alleanza con chi vuole trattare la pace con Putin? O con chi mette in discussione la collocazione dell'Italia nell'alleanza atlantica?». Il leader di Azione liquida, nel suo incontro avuto ieri all'ambasciata degli Stati Uniti, il campo largo con Conte e Schlein. Quella con i diplomatici di Washington è una visita di routine.

Nel mese scorso a varcare i cancelli di Palazzo Margherita, in via Veneto a Roma, sede dell'ambasciata Usa in Italia, era stato Matteo Renzi. Dal cerimoniale fanno sapere che «si tratta di incontri periodici che i funzionari dell'amministrazione americana intrattengono con i leader dei partiti italiani». Un po' per ingraziarsi gli alleati, un po' perché ci crede veramente; Calenda è un fiume in piena. Il suo piano si articola in solo punto: sostituire la Lega nell'esecutivo e diventare la terza gamba del centrodestra. Giustizia, politica estera, fisco. Calenda spiega ai rappresentanti dell'amministrazione Usa che «la sua agenda e quella di Meloni sono perfettamente compatibili su molti punti». «Sulla giustizia la pensiamo come Nordio», insiste. «Sull'Ucraina e il Medio Oriente, Meloni merita gli applausi», rincara l'ex ministro. E poi: «Sull'autonomia differenziata Meloni e Tajani sono contrari come noi». I funzionari Usa ascoltano, provano a comprendere. Quasi spiazzati. Mentre bevono il loro caffè distesi sui lussuosi divani mettono sul tavolo i propri dubbi. Il campo largo in Abruzzo? «Voto locale». Il leader di Azione getta la maschera. Il suo obiettivo politico è un governo Meloni-Calenda-Tajani. La prima tappa è il voto per il rinnovo del Parlamento europeo fissato il 9 giugno prossimo. «Senza la zavorra di Matteo Renzi posso prendere il 7», dice Calenda. Le Europee dovranno essere solo un passaggio intermedio di un percorso più ambizioso: entrare nel centrodestra e sostituire il Carroccio nel governo. Numeri alla mano, lo scenario ipotizzato dal leader centrista non è una passeggiata. La Lega ha eletto 66 deputati a Montecitorio, Calenda appena 13. Il centrodestra, oggi, può contare su una maggioranza di 237 voti. Se togli i 66 leghisti e aggiungi i 13 calendiani si arriva a quota 84 voti. Mancherebbero 17 voti per ottenere la maggioranza fissata a 201. I voti di Calenda non sarebbero sufficienti da soli a garantire una maggioranza a Giorgia Meloni. Al Senato il discorso non cambia. La Lega ha 29 senatori, Azione 4. Il centrodestra può vantare una maggioranza di 115 voti. Senza la pattuglia del Carroccio si scende a 86 e si arriva a 90 con i 4 voti dei senatori di Calenda. I numeri, almeno in questa legislatura, smontano il «sogno proibito» del pariolino. Però va detto che sull'asse Calenda-centrodestra qualcosa si muove.

Luca Cordero di Montezemolo, padrino politico e lavorativo di Calenda, è diventato un meloniano di ferro. E poi, infine, non va trascurata la trattativa a Bruxelles per tenere Von Der Leyen alla guida della commissione Ue. Si profila, con la benedizione di Macron, una maggioranza Conservatori, Popolari e Liberali.

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