È stato un intimo amico di Fausto Coppi. Per il Campionissimo ha sempre avuto una vera e autentica venerazione. Per Pietro Morato, 90 anni, morto ieri mattina a Castellania dove era arrivato per partecipare, come ogni 2 gennaio da 65 anni, alle celebrazioni per la scomparsa di un amico che ha sempre portato nel cuore, Coppi era davvero un pezzo di sé.
Ne è stato a suo modo un testimone, ricordando e tracciando traiettorie con la memoria, raccontandone aneddoti ed esperienze, che hanno contribuito negli anni ad alimentare la leggenda del ciclista più grande (non più forte e vincente, quello è chiaramente Eddy Merckx, cit. Gian Paolo Ormezzano) di tutti i tempi.
Pietro Morato - nato a Tortona 90 anni fa: era conosciuto da tutti come Moratto, con la doppia t come il padre e i suoi 7 fratelli, lui che per un probabile errore all'anagrafe, fu registrato con il cognome leggermente diverso - aveva militato nel 1953 e nel 1954 nel Pedale Tortonese che proprio nel 1954 aveva aggiunto la dicitura "Fausto Coppi" al suo nome, poi nel 1955 aveva militato nella Augustea. Non è mai stato però - come invece in tanti hanno erroneamente scritto gregario di Fausto Coppi.
Basta dare una scorsa agli annali e ai siti di ciclismo che raccolgono tutti i dati dei professionisti della storia, ma è anche sufficiente chiamare Alfredo Bonariva, milanese di Baranzate di Bollate, 90 anni compiuti il 5 dicembre, che gregario di Coppi nel 1958 alla Bianchi Pirelli lo è stato per davvero: «Morato correva nella squadra giovanile che il Campionissimo aveva a cuore racconta a Il Giornale - e poi è diventato grande amico di Fausto; lo accompagnava spesso nei suoi viaggi ed era diventato un punto di riferimento per Coppi, ma in squadra con lui non ha mai corso, mai è stato gregario».
Ieri mattina, poco prima dell'inizio della celebrazione, Morato è stato colpito da un malore e a nulla sono valsi i pronti soccorsi e l'intervento dell'elisoccorso. Nonostante i tentativi di rianimazione, durati oltre 40 minuti, Morato non ce l'ha fatta.
«Non c'era sul mercato, anche internazionale, uno meglio di Coppi - ricordava sempre Morato -. Ettore Milano (uno dei più fedeli gregari di Coppi al pari di Andrea Carrea, ndr) e io dovevamo accompagnarlo alla Bianchi a Milano per far controllare le biciclette.
Visto il tempo avverso, decidemmo di cambiarci, certi che non saremmo partiti. Coppi ci chiamò al bar di Novi e ci aspettò alla villa di Serravalle dicendoci: E voi sareste dei corridori? Facemmo andata e ritorno sotto l'acqua».
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