Tra i tamburi della guerra e i pifferi della moda vince chi tratta con la massima serietà un settore che in Italia dà da vivere a un milione e 200 mila persone tra industria e terziario. È il caso di Giorgio Armani che grazie all'allentarsi dei contagi si è ritrovato con circa 400 posti in più alle sfilata Emporio e ha deciso di destinarli ai dipendenti. «È un gesto simbolico dichiara in segno di riconoscimento per il lavoro svolto quotidianamente, per l'impegno profuso durante la pandemia». Ben detto e ben fatto anche e soprattutto perché questo profondo rispetto dell'etica professionale è simmetrico a un'estetica vestimentale che in tanti anni non è mai uscita dal seminato. Stavolta in passerella c'erano le collezioni uomo e donna per l'autunno/inverno 2022/23 con una netta separazione cromatica per cui le proposte femminili prevedono anche dei colori speciali tipo il rosa-Tiepolo e l'azzurro-Fragonard mentre in quelle maschili c'è una sinfonia di grigi: ardesia, asfalto, antracite, acciaio, fumo e perla. Tutte le silhouette femminili sono verticali come una pennellata con pantaloni dal taglio curvilineo e, in caso di gonna, lunghezze ridotte per mostrare le gambe con decisione ma senza volgarità perfino quando si tratta di tre pezzi (gonnellina cortissima, stivali cuissard e blouson) in cirè nero. L'uomo è morbido, sexy e chic: il ragazzo che ogni mamma vorrebbe avere come figlio o futuro genero, ma anche come giovane compagno, marito o amante cui rubare la strepitosa giacca con la cintura passante nella martingala, il gilet al posto della camicia e i pantaloni di linea sciolta. Da notare il piumino per lei chiuso da alamari di gomma, le deliziose borse a mano e il giusto per entrambi tra lo sportivo elegante e il suo contrario. «È un gioco che mi riesce abbastanza bene» conclude Armani salutando nello stesso modo i dipendenti e i vip perché così fanno i veri signori.
Miuccia Prada dichiara nel comunicato stampa che la sua collezione riguarda la storia delle donne, la storia delle persone e non quella della moda. «Attingere dalla storia continua ci mette in contatto con le vite del passato, vogliamo riviverle e vogliamo che ci ispirino». Per chi fa moda da una vita e per la grande signora del made in Italy ha da sempre un gran rispetto, è un colpo al cuore rivedere le gonnelline trasparenti in jersey e metallo con applicati ricami luccicanti per cui 25 anni fa ha fatto follie. Sono un meraviglioso remake di una collezione del 1996 nota tra gli addetti ai lavori come «la collezione del lampadario». Lo stesso dicasi per i piumini con i fiori di paillettes e per i sublimi tailleur con gonna a pieghe e giacca avvitata che rappresentano la più colta citazione del new look di Dior. Il bello è che niente sa di vintage o di retrò, ma è piuttosto un paradigma di stile. Da Sunnei, marchio fondato nel 2016 da Loris Messina e Simone Izzo che non raggiungono i 70 anni, la sfilata è una divertente parodia della vita vera: le modelle arrivano in taxi sulla strada e poi corrono a perdifiato per la strada mentre il pubblico tenta invano di guardare con calma i capi che, nel caso dei cappotti, di una gonna a ruota in gomma e di tutte le maglie, sono bellissimi. Comunque viene spontaneo dire attenti a quei due visto che in così poco tempo hanno costruito un'azienda con 50 dipendenti. Attenti anche a Dorian Tarantini e Matteo Mena che per Borbonese, storico marchio di pelletteria torinese citato perfino da Fruttero e Lucentini nel romanzo La donna della domenica, stanno costruendo un piccolo impero dei segni partendo sempre dalle borse. I rivetti diventano borchie sul tubino in pelle, il motivo a occhio di pernice è stampato sul canvas e la borsa Epoque come il secchiello chiamato 011 come il prefisso di Torino sono due capolavori.
Simonetta Ravizza riesce a trasformare un cappotto di montone in una pelliccia fenomenale e una semplice pelliccetta di mongolia in un piumino da cipria. Uno stile preciso di pochi pezzi con molto gusto.
Daniela Del Core prosegue la sua corsa nei territori del sogno, mentre a sorpresa scopri che Simonetta Balestra, figlia di Renato, 98 anni, maestro dell'alta moda romana, sa fare un gran prét-à-porter. «Con l'archivio che ha...» dicono i maligni. Potrebbe pure fare un disastro perché il gusto non s'impara e non si copia.
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