Mps crolla in Borsa (-14%). Il governo rischia la caporetto

Al lavoro sul dossier il cerchio magico guidato da Lotti. Torna l'idea di un salvataggio con Ubi o Banco Posta

Mps crolla in Borsa (-14%). Il governo rischia la caporetto

Nella mitologia greca la dea Nemesi faceva giustizia ai delitti irrisolti o impuniti, perseguitando soprattutto i malvagi e gli ingrati alla sorte. E a Siena Mps rischia di diventare la Nemesi storica del Pd: la banca che ha fatto ricco il partito, ora potrebbe portarlo alla rovina. Insomma, il fato starebbe vendicando le colpe dei grovigli fra finanza e politica. I toscani preferiscono chiamarlo contrappasso. Di certo, il governo si sta giocando la reputazione, e non solo quella, sulla tenuta del sistema bancario scosso dalla valanga di vendite in Borsa che è partita proprio dal Monte. Quello dei Paschi, appunto. Che dall'inizio del 2016 ha già perso in Borsa quasi la metà del suo valore. Da 1,23 euro dell'ultima seduta del 2015 il titolo è scivolato a 0,65 euro accumulando un calo superiore al 47% in poche settimane (-14,37% nella sola seduta di ieri nonostante il divieto di vendite allo scoperto prolungato fino a domani). Il gruppo senese ora capitalizza 1,9 miliardi, ovvero un miliardo al di sotto dell'aumento da 3 miliardi realizzato solamente lo scorso giugno. Una Caporetto. Anche per i soci come il Tesoro, che possiede ancora il 4%, e come la Fondazione Mps che nonostante l'«assoluta serenità» ostentata ieri dal presidente, Marcello Clarich, sarà presto costretta a svalutare la sua quota ormai ridotta all'1,5% rimettendoci altri milioni. Mps è uno degli istituti più esposti ai prestiti deteriorati, all'orizzonte non si vedono nè un cavaliere bianco nè la bad bank di sistema che si accolli in fretta di una parte delle sofferenze, e il mercato teme il peggio. Ovvero che il Monte possa diventare il primo test delle nuove regole europee sul bail in. «Il governo non intende intervenire né su Monte dei Paschi né su Carige, istituti che avranno un futuro importante», ha detto lo scorso 12 gennaio il presidente del Consiglio, Renzi. In realtà il cerchio magico dei consiglieri del premier, a cominciare dal sottosegretario Luca Lotti (che già in passato aveva incontrato a Siena i vertici di Rocca Salimbeni), starebbe monitorando da settimane il caso Mps alla disperata ricerca di una soluzione al problema. Quale? Sul tavolo di palazzo Chigi qualche suggeritore esterno avrebbe fatto tornare due vecchie ipotesi: la prima riguarda un possibile matrimonio con Ubi rimasta senza cavaliere al valzer delle fusioni fra Popolari, visto che ormai Bpm ha scelto come sposo il Banco veronese. Ma il senso industriale dell'operazione è poco chiaro e non si comprende perché un gruppo sano come quello bresciano-bergamasco debba accettare la dote non proprio immacolata della banca senese. L'alternativa, secondo alcune fonti, sarebbe quella di ritirare fuori dal cassetto una possibile sinergia con il Banco Poste sfruttando la sua rete sul territorio. In questo caso, bisognerà capire il ruolo della Cdp presieduta dall'ex banchiere Claudio Costamagna che emette i prodotti distribuiti dalle Poste e su cui si accenderebbero subito i riflettori della Commissione Ue sempre pronta ad alzare il cartellino giallo contro eventuali aiuti di Stato.

Nel frattempo, continua in silenzio a cercare una soluzione, il neopresidente del Monte, Massimo Tononi, in passato assistente di Romano Prodi quando il professore guidava l'Iri. Sarà un prodiano a salvare Renzi dalla nemesi bancaria?

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