Muraglia di gomma: a Wuhan ingresso negato agli ispettori dell'Oms

Niente visto a un team di dieci esperti inviati in Cina a indagare sull'origine del virus

Muraglia di gomma: a Wuhan ingresso negato agli ispettori dell'Oms

La Cina nega l'ingresso agli esperti dell'Oms diretti a Wuhan per studiare cause e nascita del Covid-19. L'atteggiamento ambiguo di Pechino non solo sta facendo perdere la pazienza ai vertici dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità, ma solleva ulteriori sospetti sull'origine del virus così come sulla gestione dell'epidemia nella terra della Grande Muraglia. Un team di 10 esperti sarebbe dovuto arrivare in Cina ieri settimana con il compito delicato di stabilire come e dove il virus è passato dagli animali agli esseri umani, ma con alcuni di loro già in viaggio, la Cina ha negato il visto d'ingresso. I primi casi di coronavirus furono registrati nella città di Wuhan a fine 2019, ma la gestione dell'emergenza avvenne in maniera caotica e tenuta segreta da parte delle autorità, favorendo la trasformazione dell'epidemia in pandemia. Alcuni addetti ai lavori, tra cui l'oculista dell'ospedale centrale di Wuhan, Li Wenliang, lanciarono l'allarme (inascoltato) sulla misteriosa polmonite che ricordava la Sars, mentre giornalisti e blogger che diffusero la notizia vennero arrestati. È il caso di Zhang Zhan, l'ex avvocato di 37 anni condannata la scorsa settimana a 4 anni di reclusione a causa della copertura data alla crisi sul suo blog. Nonostante le pressioni, Pechino ha resistito all'avvio di un'indagine indipendente, seminando poi dubbi sul fatto che la pandemia sia iniziata anche all'interno dei propri confini. Il ministro degli Esteri Wang Yi si è lasciato andare nei giorni scorsi ad affermazioni difficili da dimostrare, arrivando persino a sostenere che «la pandemia probabilmente è iniziata in più punti del mondo».

Chi potrebbe far luce sulla situazione non è al momento considerata persona gradita dalle autorità di Pechino. Il governo cinese, attraverso le dichiarazioni della portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying, spiega che «non esiste un problema di visti, semmai organizzativo. Per garantire che il lavoro del team di esperti internazionali si svolga senza intoppi, dobbiamo eseguire le procedure necessarie e prendere accordi pertinenti», nonostante i mesi di trattative già spesi per organizzare il viaggio. Già lo scorso novembre infatti l'Oms aveva comunicato la data della missione alla Cina. Il gruppo di lavoro è composto da scienziati provenienti da Stati Uniti, Giappone, Russia, Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Australia, Vietnam, Germania e Qatar. Alcuni sono collegati all'agenzia con sede a Ginevra, altri all'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) e altri ancora a quella mondiale per la salute animale. Da parte sua il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, si è detto dispiaciuto per l'accaduto, ma anche rivelato di aver avuto «un colloquio telefonico con il ministro della Salute Li Bin. Mi ha assicurato un'accelerazione delle procedure per facilitare l'inizio della missione. Mi auguro che in pochi giorni tutto venga risolto».

Per la cronaca va anche ricordato che un team di esperti dell'Oms aveva già visitato la Cina a febbraio e a luglio per indagare sulle origini del coronavirus, ma in entrambe le occasioni vennero divulgati pochi dettagli, anche perché il ministero della Sanità di Pechino, in entrambe le occasioni, aveva fornito al pool di Ginevra pochi dati su cui lavorare. Versione quest'ultima ribaltata dal New York Times, che a novembre pubblicò una serie di documenti nei quali emergeva come l'Oms avesse ceduto il controllo delle indagini alla Cina.

Quando l'epidemia di Sars si diffuse nel 2002, i funzionari nascosero per mesi l'epidemia, ma una volta smascherati i cinesi consentirono a team internazionali di indagare sulle fonti del virus. Per il Covid invece la ricerca di una fonte continua a essere avvolta dal segreto.

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