Non si ferma l'orrore in Myanmar. Quattro attivisti per la democrazia sono stati giustiziati con l'accusa di aver collaborato a organizzare «atti terroristici». Ad annunciarlo, come se fosse una cosa normale, è stata ieri la giunta militare, che ha preso il potere con un colpo di Stato nel febbraio 2021. Si tratta delle prime esecuzioni di prigionieri politici dagli anni Ottanta, ma di certo non delle prime uccisioni a sangue freddo. Il Tatmdaw, l'esercito del Paese, è infatti tristemente famoso per i suoi crimini agghiaccianti che da decenni colpiscono i dissidenti e i civili delle numerose etnie armate che compongono il complesso mosaico birmano.
I quattro uomini uccisi sono l'ex parlamentare e rapper Phyo Zeya Thaw (nella foto), molto vicino ad Aung San Suu Kyi, la leader birmana tornata agli arresti in concomitanza del golpe, che era stato eletto come parlamentare per la National League for Democracy (Nld); lo scrittore Kyaw Min Yu, conosciuto come Ko Jimmy, veterano del gruppo studentesco «Generazione 88», movimento birmano pro-democrazia; e altri due attivisti meno noti, Hla Myo Aung e Aung Thura Zaw.
I militari non hanno dato dettagli su quando e come sono state eseguite le condanne a morte. I quattro potrebbero essere stati impiccati, come successo in passato in Myanmar, tra venerdì 23 e lunedì 25 luglio. Tutti si trovavano nella prigione di Insein, nel distretto di Yangon, una struttura usata anche in passato dalla giunta per i dissidenti politici, dove sono state denunciate torture e sparizioni. Erano stati condannati con un verdetto a porte chiuse nell'agosto del 2021. A giugno il loro ricorso in appello era stato (ovviamente) respinto.
In particolare Phyo Zeya Thaw era accusato di aver organizzato alcuni attacchi armati contro le forze di sicurezza. Quando era stato arrestato nel novembre 2021, la Tv statale aveva diffuso una foto di lui con le mani dietro la testa, e davanti a sé un fucile automatico e due pistole, con numerosi caricatori e proiettili. Mentre l'accusa contro Ko Jimmy era quella di aver nascosto armi e munizioni in un appartamento a Yangon. Gli altri due avrebbero ucciso un'informatrice della giunta, ma non si conoscono i dettagli. Ora c'è grande preoccupazione per gli altri 120 prigionieri politici già condannati a morte e per gli oltre 12mila che sono imprigionati in attesa di sentenza.
Le esecuzioni hanno provocato accese reazioni della comunità internazionale. Human Rights Watch le ha definite «atti di assoluta crudeltà». della democrazia». Michelle Bachelet, l'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha definito le esecuzioni «crudeli e regressive».
Ferma condanna è arrivata anche dall'Italia, dalla Francia e dal Parlamento Europeo, con la presidente Roberta Metsola che si è detta «inorridita». Il National Unity Government (Nug), il governo birmano in esilio, che si è costituito dopo il colpo di Stato, ha esortato la comunità internazionale «a punire la giunta militare omicida per la loro crudeltà».
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