Come temuto, la repressione ha iniziato a insanguinare il Myanmar. Sfidando lo stato di emergenza dichiarato lunedì dai militari, e che vietava ogni tipo di manifestazione, per il quarto giorno consecutivo centinaia di migliaia persone sono scese nelle strade di molte città del Paese per protestare contro il colpo di stato dell'esercito avvenuto lo scorso primo febbraio.
La polizia in assetto antisommossa e dotata di fucili d'assalto, ha usato idranti, gas lacrimogeni, manganelli e ha sparato con proiettili veri e di gomma per disperdere la folla. Il tragico bilancio della giornata parla di una studentessa diciannovenne uccisa, decine di manifestanti feriti due in pericolo di vita e un numero imprecisato di arresti.
A Yangon, la città più grande del Myanmar, le arterie stradali centrali e la zona commerciale di Hledan, vicino all'università, sono state inondate da un fiume umano di manifestanti sin dalle prime ore della mattina di ieri. Intorno alle 22 ora locale, l'esercito ha fatto irruzione nella sede del partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia, distruggendo le telecamere e saccheggiando gli uffici. A Naypyidaw, la capitale, dove la giovane Myat Thet Thet Khine è stata colpita a morte da un proiettile alla testa, i dimostranti sono stati respinti prima con cannoni ad acqua, poi con gli spari. Un drammatico video che sta girando su Twitter, mostra le immagini dell'uccisione. Prima si sentono diversi colpi partire dal cordone di polizia, poi si vede la ragazza che indossa un casco da motociclista accasciarsi a terra. Molte persone sono rimaste ferite. Tra loro c'è anche Than Htike Aung, reporter del sito d'informazione Mizzima che stava documentando la protesta.
Nella città di Mandalay, uno dei centri dove le manifestazioni sono più accese e dove i militari hanno imposto anche il coprifuoco dalle 8 di sera alle 4 del mattino in diversi quartieri, le forze di sicurezza hanno usato manganelli e gas lacrimogeni contro i dimostranti. Media locali parlano di una trentina di arresti, compreso un giornalista del Democratic Voice of Burma. Altre proteste ci sono state a Bago, Dawei e nel nord dello Stato Shan.
Le Nazioni Unite hanno espresso «forte preoccupazione» per le notizie delle violenze e per i numerosi dimostranti rimasti feriti. «L'uso sproporzionato della forza contro i manifestanti è inaccettabile», ha detto Ola Almgren, coordinatore umanitario dell'Onu in Myanmar.
L'Unhrc, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, per discutere della crisi in atto nel Paese, terrà una sessione straordinaria il prossimo 12 febbraio. La decisione della riunione è arrivata dopo una richiesta congiunta del Regno Unito e dell'Unione Europea, che è stata finora sostenuta da 45 Stati membri.
Mentre si teme l'aggravarsi dell'uso della forza da parte della polizia e dell'esercito per le manifestazioni annunciate per oggi, il regime militare ha mostrato i muscoli anche con gli Stati Uniti.
Secondo quanto reso noto dal portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, è stata respinta la loro richiesta di parlare a Aung San Suu Kyi, arrestata in occasione del golpe e tenuta prigioniera insieme a numerosi altri esponenti del movimento per la democrazia.
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