Garantisti e manettari, pro e contro la maternità surrogata, per le armi a Kiev ma pacifisti. Il Pd è il contenitore impossibile, a costante rischio scissione, di solito risolto o con le fughe personali (vedi le ultime verso il terzo polo) o con la nascita di nuove correnti, come quella appena battezzata, Energia Popolare, leader Stefano Bonaccini. Anima moderata, ambizioni riformiste, indole garantista. Ma le contraddizioni nel partito proliferano anche sulla giustizia. Il fronte dei sindaci dem è in prima linea per l'abolizione dell'abuso d'ufficio, tanto che il primo cittadino di Pesaro Matteo Ricci parla di una «vittoria degli amministratori» l'aver cancellato «l'assurdità di questo reato, che nel 97% dei casi si chiude con archiviazione o assoluzione». Però, in contemporanea, il Pd in Parlamento è contrario all'abolizione di «un reato considerato fondamentale per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata» (Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd).
Non solo. Alla prima convention della corrente di Bonaccini si presenta l'ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, assolto dopo una lunga gogna giudiziaria, e dice che «sulla giustizia il Pd ha una subalternità culturale, quando i magistrati sbagliano bisogna avere il coraggio di dirlo», la platea gli tributa applausi e standing ovation. Nel mentre, si apprende però che l'elettorato dem è il più giustizialista, persino più dei grillini. Da un sondaggio Ipsos per il Corriere sulla riforma della giustizia emerge che sono gli elettori Pd quelli più ostili alle modifiche garantiste introdotte dal testo del ministro Nordio. Il 77% di chi dichiara di votare Pd è contrario all'eliminazione del reato di abuso d'ufficio, contro una media del 47%, che raggiunge il 70% negli elettori dei Cinque Stelle, più garantisti dei piddini. Poi, sulla limitazione al traffico di influenze, nell'elettorato Pd siamo al 71% di contrari, una ventina di punti più dei grillini. Anche sul divieto di ricorso in appello da parte dei pm dopo una sentenza di assoluzione la base Pd sta più con la pubblica accusa che con gli assolti, dichiarandola una modifica negativa per il 65% (anche qui superando i manettari grillini, che lo reputano sbagliato solo al 55%). Il 69% della base Pd non è d'accordo neppure nella limitazione alla pubblicazione delle intercettazioni, nel 73% degli intervistati la riforma nel suo complesso è peggiorativa del sistema e per il 47% non esiste la magistratura politicizzata (il 30% risponde non lo so, solo il 23% pensa di sì). Quest'anima manettara (il Pd storicamente è il partito che ha candidato ed eletto più magistrati) dunque convive con l'ala moderata e riformista che ha trovato espressione nella corrente Bonaccini, benedetta anche da Romano Prodi, annoverato troppo in fretta tra i padrini della Schlein. Il fronte giustizia è uno di quelli - forse il più delicato - su cui i riformisti Pd si misureranno con la maggioranza in quota Schlein che invece guarda ai grillini, anche in vista di un futuro asse elettorale con Conte. «Serve un Pd garantista. Lasciamo stare l'abuso d'ufficio, ma arriverà il codice degli appalti e noi dobbiamo dire che snellire le procedure non equivale a spalancare le porte alla criminalità. È una balla» dice Matteo Ricci, presente all'iniziativa di Energia Popolare a Cesena.
«La destra la deve smettere con gli attacchi alla magistratura, ma noi dall'altra parte possiamo finalmente recuperare un'idea garantista? Quanti ne abbiamo abbandonati dei nostri per strada al primo avviso di garanzia?».
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